Un vero leader sa che il futuro del proprio gruppo, del proprio paese, risiede nella capacità di allargare i propri confini mentali e programmatici, e INCLUDERE. Includere, e comprendere, inteso nell’accezione originaria (e più bella) della parola: accogliere dentro di sé.
La sopravvivenza stessa è stata determinata, nella storia dell’uomo, dalla capacità di “prender dentro”, di saper aprire i propri confini e, magnanimamente o “ob torto collo”, integrare. “Cum-prendere” è la salvezza, è il continuare ad essere, è il garantirsi l’esistenza futura.
Si, perché se guardiamo con questi occhi la realtà politica, economica e sociale che stiamo vivendo, il dramma sta nel metodo affermato e consolidato dell’esclusione.
C’è una tendenza a creare dei distinguo continui, come se differenziarsi a tutti i costi fosse sinonimo di “esistere”, mentre si assottiglia il proprio spessore esistenziale per un amore ossessivo della precisazione.
Certo, definirsi è auto affermarsi. AUTOaffermarsi. E poi? Siamo in grado di far seguire la SINTESI di coloro che coesistono, che condividono uno stesso spazio, uno stesso tempo, uno stesso partito?
Di distinguo si può morire assiderati e di solitudine.
Anche Jeremy Rifkin afferma, con forza e metodo scientifico, che la civiltà dell’empatia è l’unica speranza per evitare il collasso planetario.
Ho da tempo bandito dal mio linguaggio politico ogni parola che fa riferimento alla guerra: “stiamo facendo una battaglia”, “avversario politico”, ”stanare”, “far scoppiare”, sostituendo con “stiamo lavorando a…”, “colleghi della maggioranza”, “far emergere”, “portare a conoscenza”… perché è vero, come è scritto in un libro di duemila anni fa, “Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall’uomo a contaminarlo”.
Prendiamo sul serio, SUL SERIO le parole di papa Francesco, semplici ma, se attuate, rivoluzionarie: ”un cammino di fratellanza, amore e fiducia fra noi. Preghiamo gli uni per gli altri perché ci sia una grande fratellanza”.
Ma non è una novità farlo a livello politico.
Da diversi anni il Movimento Politico per l’unità, che lavora su scala internazionale, ha avviato percorsi di fraternità per affermarla come categoria politica; solo due delle tre idee della rivoluzione francese, che hanno aperto le porte alla modernità, sono diventate categorie economiche, politiche e di pensiero: libertà ed uguaglianza.
Manca la terza: la fraternità. Anche lei era annoverata nelle idee di rivoluzione.
È arrivata la sua ora.
Da politico e da politico cristiano, sento la spinta e la responsabilità di calare questo principio nell’ambito politico, felicemente conscia che la fraternità non è “buonismo”, non è chiudere gli occhi e accettare qualsiasi cosa, anzi!
Ad un fratello si parla con schiettezza e con forza, lo si corregge, non si fanno sconti sul piano della verità, ma quando qualcuno esterno alla famiglia prova a criticarlo giustamente o ingiustamente, la difesa sorge immediata e spontanea. Perché sappiamo che lui, è un altro me.