Midal & Co.: Storia di un fallimento annunciato

Purtroppo quella della Midal non è una vicenda isolata, ma l’ulteriore conferma che nel territorio di Latina c’è bisogno di maggiore attenzione nella gestione delle procedure di crisi e sul sistema dei fallimenti.

In provincia è di moda il gioco elle “scatole cinesi”, situazioni di difficoltà costruite ad arte, speculazioni sulle capacità produttive residue, omissione di pagamenti (compresi gli stipendi), trasferimenti dei debiti ad aziende fantasma inesorabilmente destinate al fallimento. Questo è il “sistema” che sta mettendo in ginocchio l’economia pontina, anche perché trascina con se le aziende sane che si ritrovano con un pugno di mosche in mano e lavoratori senza stipendi per mesi. Questo modo di fare è stato assecondato da una politica incapace, succube se non complice, ed ha scaricato sulla comunità tutte le scorie di fabbriche inquinanti, disoccupazione e indebitamento delle famiglie. Il nostro territorio è pieno di strutture abbandonate spesso pericolose per l’ambiente e la salute; sono centinaia i lavoratori senza alcuna prospettiva, un ricorso smodato agli ammortizzatori sociali con una massa enorme di ex lavoratori (e relative famiglie) che a breve non avranno neanche il reddito di sostegno della CIG.Penso che tutto ciò non sia un caso, un accidente caduto dal cielo o la semplice conseguenza di una drammatica crisi congiunturale, la politica Pontina ha determinato l’emergenza in parte per manifesta incapacità, ma anche per poterla gestire a proprio comodo, per realizzare un potere di plastica mettendo sotto scacco intere famiglie, oltre che le aziende sane.

Non c’è stato un solo percorso per dare prospettive concrete, né per la riconversione industriale né per la riqualificazione delle risorse umane alle nuove esigenze di mercato, anzi non c’è stata nessuna indagine per comprendere le eventuali possibilità di nuove produzioni, non vi è stata alcuna incentivazione di settori come quello agroalimentare o turistico, gli unici a dare qualche prospettiva a breve termine.

Ecco perché propongo di cambiare totalmente approccio partendo dal considerare le intelligenze e le capacità come risorsa, costruendo una rete di conoscenze delle vocazioni del territorio, aprendo un dialogo continuo e concreto tra imprese, centri per l’impiego, organizzazioni Sindacali e datoriali, enti di formazione e società che si occupano di collocazione, pensando a collaborazioni con Istituti Scolastici ed Università, in modo da gestire le politiche del lavoro pensando al futuro.

 

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