Intervento Direzione Prov.le PD 1 luglio 2016
La percezione del PD e i suoi effetti
Siamo ancora storditi dalla sonora batosta delle ultime elezioni. Latina, che credevamo di poter almeno contendere al ballottaggio e Terracina. In un paese di 3000 anime si sente meno il riflesso delle politiche nazionali: entrano in gioco più le dinamiche familiari. Bastano due o tre famiglie che votano da una parte o dall’altra e il risultato si sposta. In paesi come Minturno, delle dimensioni del quartiere Q4-Q5, aver vinto è si una bella cosa, ma non compensa minimamente la sconfitta del capoluogo di provincia.
In città come Latina, Aprilia, abbiamo categorie e mondi: la scuola, l’associazionismo, le categorie professionali…
In una città come Latina, ad esempio, molto, moltissimo ha influito il giudizio sulla politica nazionale del PD: il nostro partito è identificato con la figura di Renzi e con le misure che il governo prende, misure raccontate – badate – unicamente dai media. Di fatto non c’è un partito che informa, che raduna i cittadini per spiegare quali sono nel dettaglio gli interventi di un governo che sta facendo. Il nostro governo sta operando scelte importanti, sta modificando parti della carta costituzionale, sta intervenendo su un sacco di cose. Noi PD del territorio stiamo guardando, criticando, ma restiamo pressoché passivi, inerti. Lo testimonia la sostanziale assenza sui temi, la difficoltà del raccogliere le firme per il referendum, ad esempio…
Se il PD fa qualcosa, intendo se prova a fare incontri tematici, purtroppo fallisce perché presenziano i pochi soliti “carri armati di Mussolini”, ovvero noi stessi, bombardati da sms. Al nostro esterno noi non interessiamo, le persone non ci vengono dietro.
Quindi resta la percezione del partito unicamente nazionale e veicolata da programmi televisivi che fanno tanto gossip politico e abbiamo un partito assolutamente silente a livello territoriale.
Sui giornali locali, invece, il partito si esprime attraverso i comunicati dell’una o dell’altra figura più o meno istituzionale che inveiscono, fanno illazioni, accusano, propongono soluzioni come congressi e nomine di scrutatori rappresentando un PD che è l’aia di un pollaio.
Cosa rappresenta il PD
Il PD attualmente non rappresenta che se stesso, ovvero i politici che lo abitano da sempre più o meno, una classe dirigente dura a farsi da parte, che non fa un passo indietro neanche se perde le elezioni, che riesce sempre a dire che non è che il cavallo l’ha disarcionata, ma che la sella era legata male, che il cavallo era zoppo…
A Latina abbiamo perso.
Sonoramente.
Dopo una sconfitta così pesante va data una sterzata importante, che tutti devono percepire come tale. Anche noi.
Non serve dire che è stato solo per 600 voti, che la colpa è di Moscardelli che non ha fatto quasi nulla, che Forte non era il candidato giusto, che c’è stato il voto disgiunto, che non ha funzionato la strategia comunicativa…
Le vecchie logiche dei perdenti
Noi abbiamo perso perché abbiamo fatto scelte guidate dalle vecchie logiche, quelle numeriche interne al partito, quelle delle rendite di posizione, quelle che preferiscono gli accordi al confronto aperto con il proprio elettorato, che è quello che poi ci legittima, ci dà i numeri per lavorare, o ce li toglie e ci umilia.
Le logiche di sempre, insomma. Si continua a parlare di schemi politici e non si parla di persone.
Da quando sono in questo partito (dalla sua nascita) ho visto entrare e uscire non so quante belle e brave persone, il nuovo, quello della società civile come me, quello che ci agganciava agli elettori…
Tutti scappati via.
Abbiamo da tempo abbandonato, o forse non è stato mai veramente arato e seminato e curato il campo della politica territoriale, e abbiamo, per lo meno a Latina, lasciato questo campo a chi ha riempito il nostro vuoto, occupando quello che era il nostro spazio: i nostri avversari civici di LBC che hanno tra le fila numerosi ex dirigenti del nostro partito.
Meno consenso
Ma parliamo dei nostri elettori, quelli che non vogliono la tessera ma che fedelmente e fiduciosamente ci votano, chissà ancora per quanto.
Diminuiscono di elezione in elezione. Loro vogliono sentirsi parte di un progetto comune, dove possano essere ascoltati e considerati. Da quello che ho potuto capire, molti si sono sentiti usati per fini elettorali, come delle macchinette da voto: finché erano utili per votare per qualcuno nelle competizioni interne, venivano presi in considerazione, nel momento in cui non c’erano “conte”, non venivano minimamente considerati.
Questi quelli più vicini, i 6mila delle primarie.
Ma tutti gli altri? E gli altri 8mila?
Quante volte abbiamo incontrato i nostri elettori? Quelli che dovrebbero legittimare il nostro ruolo, le migliaia che vengono alle primarie o che devono farci vincere alle amministrative votandoci ogni volta sperando che cambiamo?
Li conosciamo?
Cosa ne pensano di noi?
Cosa pensano delle politiche del PD?
Quale PD vogliono continuare a sostenere e quale PD non vogliono?
Noi dobbiamo fare i conti con questa continua emorragia che interessa i nostri tesserati ma soprattutto di nostri elettori. Finché non capiamo e non ci diciamo sinceramente perché se ne vanno, finché non mettiamo a fuoco il vero problema, non saremo in grado di ripartire.
Partito vs. personalismi
Molti ci rimproverano che con le primarie non abbiamo saputo dare l’immagine di un partito che al suo interno sa riconoscere, valorizzare e investire in ciò che la gente vuole: nuovo, giovane, donne.
“Perché non ti sei candidata alle primarie? Perché Cozzolino non si è candidato?”
E qui torniamo al vizio di questo partito: i personalismi.
Se dobbiamo lasciare sempre l’azione politica all’iniziativa del singolo che si propone, o del singolo che benedice qualche candidato, non ne usciremo mai fuori.
Quello di cui abbiamo bisogno è un vero Partito Democratico, non l’asservimento di una struttura a servizio di uno o più singoli alla ricerca della propria sistemazione. Mi correggo, non siamo una struttura (non vedo strutture ed organismi funzionanti), siamo piuttosto una rete di persone collegate le une alle altre da promesse, accordi e legami che blindano ogni volta le scelte (che di solito sono: chi si candida a cosa).
La scelta dei candidati a cariche amministrative o istituzionali che caratterizza e che identifica il nostro partito, dovrebbe di volta in volta tener conto dei cambiamenti, degli umori, delle richieste che il territorio e il nostro popolo democratico ci fa attraverso i propri organismi democratici.
Organismi vuoti
Questa direzione provinciale, invece, è piuttosto la cabina di regia a servizio del prolungamento del potere di qualcuno, finalizzato alla conservazione dei voti necessari, badate, non per vincere, ma per sopravvivere tra i perdenti. Questo è il cancro di questo partito. Infatti si parla di “tenuta politica…”.
Mi dispiace Salvatore, questo non è un organismo, è una cabina di regia.
Dov’è l’elaborazione politica?
Dove sono le decisioni deliberate da questo organismo?
Esistono dei verbali dove viene data una linea politica, una direzione da imprimere al PD dei nostri 33 comuni? O si va tutti a casaccio? Apparentemente a casaccio, perché poi ognuno sa fare i propri conti.
Dov’è l’esecutivo? Chi sono i referenti operativi, in questa provincia, i referenti delle politiche del territorio con i quali noi dovremmo elaborare le politiche innanzitutto, e poi promuovere per offrirle ai nostri amministratori? Quali sono le politiche ambientali? della raccoltla e gestione del ciclo dei rifiuti? Le politiche scolastiche, quelle della gestione del territorio, agricole, turistiche, del lavoro, industriali, quelle dell’inclusione, dell’immigrazione?
Oppure lasciamo tutto all’iniziativa sempre del singolo?
Lasciamo tutto alla sovranità territoriale? Questa sovranità – mai parola tanto giusta – dobbiamo intenderla come sovranità del potente di turno?
Con l’alibi che dobbiamo valorizzare il territorio lasciamo il partito democratico in una anarchia manovrata invece dall’interesse di qualcuno.
Il PD una comunità di persone
Se vogliamo sopravvivere, se vogliamo continuare ad avere un contenitore dove fare politica, se vogliamo finalmente diventare una comunità di persone – ricordo che questo era il punto di partenza del nostro partito, una comunità di democratiche e democratici…- se vogliamo ancora avere un partito dobbiamo iniziare un’azione collettiva, di scelte operate guardando ai bisogni del territorio e tenendo conto degli umori del momento storico e politico che viviamo, dove gli organismi sono l’unico luogo in cui dobbiamo mantenere alta, onesta e sincera la discussione che prelude alle scelte, dove i membri non siano lì come delle pedine a rappresentare numericamente l’interesse di un gruppo che si è già apparecchiato la scacchiera per mettere questo qui, questa lì, quest’altro candidato qui e quest’altra candidata lì.
Dobbiamo iniziare ad usare un metodo trasparente ed obiettivo per le scelte che ci caratterizzano nei momenti topici della vita del nostro partito, come quello della scelta dei candidati, ad esempio, nelle elezioni amministrative e regionali, oppure a livello politico nazionale.
Personalmente ho sempre chiesto di stabilire prima i contenuti politici attorno ai quali successivamente poi ci si aggrega si e lavora. Non credo che sia politicamente vincente un modo diverso di lavorare: è gruppettaro, è correntizio, vecchio, è da politicanti che nessuno degli elettori vuole più.
Non si può scegliere prima con chi stare e poi si lavora.
Non si può più sentire in giro la domanda:” Tu con chi stai?”
Non si può scegliere prima il candidato e poi formulare un progetto politico attorno a quello, giusto così per dire qualcosa.
Non si può. Questa non è la politica di cui oggi c’è bisogno.
Di cosa c’è bisogno oggi?
Che si torni alla Politica, dobbiamo tornare a fare politica con i temi, le proposte, aggregando chi le vuole sostenere, mettendo su attività a servizio dei temi non delle persone, costruendo una comunità di persone, che vanno ascoltate e considerate e questo certamente ci porrà di fronte a tante incognite perché se si ascoltano le persone, il percorso si può anzi dovrà essere modificato in itinere continuamente perché il mondo cambia con una velocità supersonica e noi dimostriamo continuamente di essere dei dinosauri.
La mia proposta
Io propongo di azzerare tutte le posizioni di questo partito: presidenti, segretari, tutto ma non per mozioni di sfiducia, bensì per un passo indietro che questi faranno per sostituire la vecchia classe dirigente con una nuova generazione di classe dirigente.
Questa non è una rottamazione, intendetemi bene. È la possibilità che il partito si dà per rispondere con un atto vero, di reale scelta politica, di grande coraggio e di grande generosità. Perché se togliamo la gratuità dalla passione politica non resta nulla, anzi, restano solo sconfitte.
Un atto, quello di fare un passo indietro, che parla la lingua del popolo, che parla la lingua degli italiani che chiedono, anzi urlano nei confronti dei partiti la necessità di cambiare paradigma.
E noi lo possiamo fare senza abdicare nei confronti della politica!
Non siamo i civici inesperti e allo sbaraglio che chiedono collaborazioni gratuite e curricula ai cittadini per farsi aiutare!
Non siamo i grillini che ostentano una democrazia spinta, che invece è telecomandata da oligarchi.
Abbiamo persone competenti, e che hanno fatto esperienza in questi ultimi anni, che conoscono gli strumenti della politica e possono sopportare la difficoltà di questo momento ostile ai partiti, solo se avranno un vero partito alle spalle, quel partito fatto di gente esperta e navigata che si mette accanto e tifa per la nuova generazione perché questo è l’unico modo di continuare a dare un senso al proprio percorso di politico e amministratore ormai concluso.
Questo è il nuovo percorso per cui la gente si riconoscerà in noi, che ci farà riconquistare la loro fiducia e ci farà tornare la voglia di fare politica insieme.
E concludo.
Sapete perché credo che questa sia la strada?
Qualche settimana fa a scuola, attaccato ad un armadietto, c’era un foglio con su scritta una frase attribuita ad Albert Einstein: “I problemi non si risolvono usando la stessa mentalità che li ha generati.”
La soluzione non verrà dai ragionamenti fatte dalle teste che hanno contribuito al crollo del nostro partito, verrà però grazie a quelle persone lì, ai senatori, ai deputati, segretari e presidenti.
La rigenerazione di questo partito ci sarà se con un atto politico, libero, coraggioso, e generoso questi sceglieranno di rinunciare alle loro posizioni presenti e future per dare una nuova classe dirigente al partito, una nuova generazione di candidati, di eletti, di segretari, di presidenti…
Non ci sono altre strade. Il resto sono solo sotterfugi che non potranno convincere neanche noi stessi.
Dobbiamo far dire di noi: ma hai visto che ha fatto il PD? Incredibile. Finalmente! Questo mi piace! Questo è il partito che voglio!