Credo che un riflessione sul LAVORO vada fatta.
Le vicende della chiusura di Panorama con tutte le conseguenze sul sistema Latina Fiori, della crisi – speriamo momentanea – del Centro Morbella, lo sfruttamento di lavoratori immigrati sul nostro territorio ridotti a schiavitù, la crisi della pandemia che ha avuto gli effetti devastanti sui precari, sugli stagionali soprattutto donne, devono farci chiedere in tutto questo se il lavoro per noi ha un valore o se è considerato solo un costo. Lavoro che determina la vita o l’agonia della cellula fondamentale su cui è strutturata la nostra società: la FAMIGLIA.
Il tipo di approccio determina la direzione di scelte concrete e di effetti su tutta una comunità.
Se scegliamo di abbinare la parola COSTO alla parola lavoro, l’attenzione è tutta rivolta all’azienda, al raggiungimento dell’obiettivo di chi dà lavoro, che si muove tra calcoli di costi e benefici dell’azienda, risparmi e investimenti, puntando a margini di profitto attraverso trattative che non hanno interessi legati al luogo e alla comunità su cui insistono, o allo sviluppo di un territorio.
Un’azienda che chiude, che delocalizza o che non sceglie il nostro territorio a vantaggio di un altro è un tema che deve riguardarci come politici e non può essere relegato ad altri livelli di competenza.
Se la politica non conta niente nelle scelte di un gruppo PAM, se non riesce a rendere appetibile un territorio per investimenti da parte di imprenditori, se non si pone efficacemente a difesa dei propri cittadini per tutelare il loro diritto alla vita lavorativa, allora ha fallito la prova più importante del proprio esistere.
Durante la pandemia abbiamo invece assaporato il VALORE di lavori come i trasportatori, le cassiere, i lavoratori dei campi, gli addetti alle pulizie, gli infermieri, i medici… perché se in tempi normali erano invisibili e surclassati da altri lavoratori del mondo dello sport o dell’intrattenimento, durante il lockdown balzava agli occhi di tutti il VALORE del loro lavoro, senza il quale la sopravvivenza di un intero paese veniva messa in pericolo: li abbiamo chiamati eroi, li abbiamo ringraziati su FB, abbiamo cominciato a pensare che la loro retribuzione doveva in qualche modo equiparare il valore intrinseco della loro attività perché ne veniva riconosciuta l’essenzialità, anzi, l’essenza.
Si dice che un sindaco non può nulla nei confronti delle questioni che riguardano il lavoro o delle scelte che riguardano gli imprenditori presenti sul proprio territorio.
Non credo sia così.
Pensiamo ad esempio alle politiche urbanistico-abitative e alla gestione del costruito: sono un fattore importantissimo.
Dove vivono i lavoratori della terra, gli immigrati che raccolgono frutta e verdura che arriva nei nostri supermercati a prezzi sempre più bassi?
Interessa o non interessa se la promiscuità abitativa in un era pandemica possa avere conseguenze su tutta una città?
Quali politiche abitative sono messe in campo per riconoscere il valore di chi vive in condizioni lavorative precarie ed ha famiglia?
Il precariato del mondo della sanità, della scuola, delle amministrazioni trovano ostacoli talvolta insormontabili per gli elevati costi degli affitti, la mancanza di collegamenti di trasporto pubblico, per una carenza di politiche abitative che tengano conto della diversificata domanda che oggi abbiamo: un lavoratore precario non può vivere in un albergo né può spendere la metà dello stipendio per un alloggio.
E si mortifica così il valore del lavoro.
E si mortifica così una famiglia.
Non esiste famiglia se non c’è lavoro.
L’organizzazione del territorio rende più o meno appetibile l’insediamento di imprese produttive: la celerità di risposte burocratico-amministrative, la certezza di un territorio ben pianificato e dai connotati definiti, un sistema giuridico che funziona, servizi indispensabili come il trasporto, sanità, qualità della vita, contribuiscono a restituire valore a chi lavora.
I piani di Edilizia Residenziale Pubblica sono fermi da tempo immemore; risultano elevate quote di appartamenti invenduti fuori della portata economica di chi ne ha bisogno, ed una lista infinita di famiglie e persone fragili che aspettano un alloggio popolare.
La sfida è quella di saper collaborare tra pubblico e privato, comune e imprenditori.
La politica con la responsabilità del suo ruolo di tutela dell’interesse pubblico con preferenza per i più fragili, e l’imprenditoria con il suo ruolo di soggetto fondamentale per lo sviluppo e la costruzione del bene comune, devono oggi essere più che mai alleati per dare al nostro territorio e a Latina la chance di un riscatto dal passato e dall’inerzia.