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Banca dati unica per tutto il comune: open access ai cittadini.

imageUn’unica banca dati per il Comune: una risorsa essenziale per snellire il lavoro dei dipendenti e per fornire servizi più velocemente ai cittadini

La vera trasparenza passa anche dalla condivisione dei dati tra gli uffici del Comune. Ad oggi gli uffici comunali sono come tanti pezzi di un puzzle che non combacia: a chi non è mai capitato di dover comunicare più volte ai diversi servizi, ad esempio, un cambio di domicilio? Con un sistema informatico integrato ed un’unica banca dati si potrebbero risparmiare giornate di fila in Comune. Ad oggi anagrafe, patrimonio, tributi, bilancio, contabilità sono tutti settori che hanno ciascuno il proprio database, scollegato dagli altri. Questo significa che, per acquisire le informazioni necessarie per portare avanti le pratiche, bisogna attendere i tempi dell’ufficio competente e di quello da cui devo arrivare i dati. Con l’accesso ad un unico database, invece, questo potrebbe avvenire in maniera immediata, ma soprattutto si potrebbe evitare finalmente, una volta per tutte, la ridicola prassi di chiedere soldi a persone morte ed a società non più esistenti.

Lo scorso anno, con con l’armonizzazione finanziaria, a tutti gli uffici comunali dei comuni d’Italia è stato fornito un programma trasparenza: sarebbe bastato integrare questo programma con il Sipa, che già era in uso in ragioneria, ed avremmo risparmiato tantissimo lavoro per ogni procedimento. Sarebbe bastato un clic per mandare in pubblicazione. Si dice che i dipendenti comunali siano pochi rispetto al lavoro da fare: basterebbe introdurre la vera digitalizzazione e si risparmierebbe un buon 50% del lavoro di ogni dipendente comunale che potrebbe lavorare con più serenità e con più cura alle sue pratiche.

Oggi gli uffici comunali sono usati dai vecchi politici come orti in cui coltivare consensi elettorali: concessioni senza bando, affidamenti diretti, lavori affidati senza contratto. Avere avuto a disposizione dodici milioni di euro per il Plus ed averne utilizzati scarsi nove milioni significa non essere stati proprio capaci di gestire una mole di denaro per conto della collettività e di aver cercato di ricavare per se stessi ritorni di consenso. Ad esempio, la parte del sociale dei fondi Plus è andata completamente persa.

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Enrico Forte ha firmato nei giorni scorsi il Patto per la Trasparenza: la macchina amministrativa, se saremo chiamati noi alla guida della città, ne uscirà rivoluzionata. E forse qualcuno ne avrà paura perché non sarà più in grado di controllare le proprie clientele come ha fatto finora. Ma c’è di più: noi abbiamo le competenze e l’esperienza necessaria per rendere migliore la città.

La vera vera sfida, la nuova sfida di Latina

imageTutti i componenti della giunta passata sono occupati oggi a spiegare i loro progetti per la città: scuole colorate, parchi belli, città pulita, trasparenza, famiglia tradizionale (cosa c’entri poi questo con la gestione della città devono spiegarlo)…
Il punto vero è spiegare perché non hanno fatto tutto quello che dicono di voler fare, quando erano lì a governare!
E vogliono tornarci.

L’ostinazione a ricandidarsi di coloro che sono stati alla guida della città (Calandrini, Calvi, Tripodi, Tiero, Sovrani, Chiarato) avendo ricoperto ruoli di grande peso, e quindi  di corresponsabilità di governo e di risultati, è per me un insulto.

La vera sfida a Latina è quella contro la malapolitica e la gestione privata dei beni pubblici a servizio del consenso.
Se ne aggiunge anche una nuova: quella di far crescere Latina, di rilanciare uno sviluppo ed una economia fermi e imbrigliati in una prassi politica viziata, fatta di promesse e contrattazioni puntualmente disattese.
imageI candidati della destra continuano a parlare di trasparenza, quando Presidente del Consiglio, Sindaco, assessori e consiglieri di maggioranza cambiavano le carte e i numeri della pianificazione urbana dicendo che solo la giunta bastava ad approvare i Piani Particolareggiati facendo diventare lo stadio comunale un’area verde attrezzata, il quartiere R6 una colata di cemento e la ZTL un campo di battaglia per non aver condiviso realmente le scelte con le parti interessate.
L’ufficio di Urbanistica Partecipata, appannaggio di una dirigente senza sottoposti, era la bugia “meglio vestita” che potevano fornire, quando confondevano partecipazione con comunicazione dei PPE nel tour che l’ex assessore Di Rubbo fece nelle varie parti della città per illustrare, appunto, quello che era stato già approvato (non per decidere con i cittadini).

È il cittadino-elettore che ha il potere sanzionatorio o premiale rispetto al politico.
È l’elettore che deve togliere il proprio voto a chi non ha rispettato gli impegni presi.
È l’elettore che deve riconoscere le bugie che i “capitani” di Latina vanno ancora raccontando, continuando a promettere senza aver mai dimostrato di saper realizzare alcunché per la città.
È l’elettore che si prende una responsabilità grande: decidere anche per gli altri.

Ed è profondamente sbagliato fare solo la guerra ai partiti sostenendo che il civismo è meglio della politica: le liste che concorrono sono tutte civiche tranne Partito Democratico, Forza Italia e Fratelli d’Italia.
Tutte le liste “civiche” hanno candidato politici di lungo corso o persone riferibili a politici del passato, chi in misura maggiore chi in misura minore. Quello che deve passare al vaglio è la credibilità del progetto e le persone che vogliono realizzarlo.

È arrivato il momento di passare il testimone all’altra Latina, quella dello sviluppo e dell’innovazione, quella della contemporaneità, quella che ribalterà la macchina amministrativa del Comune di Latina per scardinare il clientelismo e il familismo che hanno generato inchieste della magistratura e mortificazione delle competenze di tanti onesti dipendenti comunali.

imageQuello che abbiamo messo in campo con Enrico Forte è un progetto di città vero e realizzabile: la prima pietra è mettere la parola fine alla connivenza tra politica e gestione personalistica dei beni della comunità e lo faremo con il rigore della vera trasparenza e con gli strumenti che una politica capace ed esperta sa usare. Poi occorre spingere l’acceleratore sull’innovazione a tutti i livelli.
Alla frammentarietà sociale che ha tanto fatto comodo alle precedenti amministrazioni opporremo la costruzione di una vera comunità, che connetta, che leghi, che valorizzi ciò che già è in atto e che lo metta “in rete”.

A sostegno di questo progetto abbiamo persone di competenza ma anche fresche nel panorama politico, che Latina conosce e stima: le idee e i progetti devono essere veri e camminare su gambe forti e decise. Ma in questa nuova sfida la città non può rimanere a guardare chi vincerà: deve fidarsi e farlo insieme a noi.

Latina può cambiare in meglio, lo deve ai suoi figli, lo deve alle nuove generazioni.

LATINA, CITTÀ dei BAMBINI e delle BAMBINE

imageIl progetto ha una motivazione politica: operare per una nuova filosofia di governo della città assumendo i bambini come parametri e come garanti delle necessità di tutti i cittadini. Non quindi un maggior impegno per aumentare le risorse e i servizi a favore dell’infanzia, ma per una città diversa e migliore per tutti, in modo che anche i bambini possano vivere un’esperienza da cittadini, autonomi e partecipanti.

Il degrado delle città è in gran parte dovuto alla scelta di privilegiare i bisogni dei cittadini maschi, adulti e produttivi come priorità economica e amministrativa; è sofferto da tutti i cittadini ma specialmente dai più deboli e dai più piccoli. Il potere del cittadino adulto lavoratore è dimostrato dall’importanza che l’automobile ha assunto nella nostra società, condizionando le scelte strutturali e funzionali della città e creando gravi difficoltà per la salute e la sicurezza di tutti i cittadini.

La Convenzione ONU dei diritti del fanciullo del 1989, ratificata con la legge nazionale n. 176/1991, all’articolo 12 sancisce il diritto dei bambini ad essere consultati ogni volta che si prendono decisioni che li riguardano e di tener conto delle loro opinioni, e questo riguarda anche le città. Ascoltare e consultare i bambini diventa quindi un fatto importante ma, ancora di più, un investimento nel futuro della propria città, un modo intelligente per investire nel proprio futuro.

Il progetto LA CITTÀ DEI BAMBINI è nato nel 1991 a Fano, nel 1996 nasce la rete internazionale delle città aderenti al progetto. Attualmente fanno parte della rete circa 200 città in Italia, Spagna, Argentina, Uruguay, Cile, Colombia, Perù e Messico. La rete internazionale è coordinata dal Laboratorio internazionale “La città dei bambini” dell’ISTC del Consiglio Nazionale delle Ricerche, di Roma.

La Regione Lazio con Zingaretti (delibera n.408/2013) aderisce e sostiene il progetto, collabora con il CNR per la realizzazione della rete di città del Lazio che aderiscono al progetto e delibera finanziamenti annui.

Aderiremo al progetto e realizzeremo questi tre obiettivi:

ISTITUZIONE del CONSIGLIO DEI BAMBINI
Un gruppo di bambini (non più di 20 da quarte e quinte elementari 2 per ogni IC) vengono nominati all’interno delle scuole della città per dare consigli al sindaco rispetto a temi che li riguardano (arredo urbano, spazi pubblici, ecc…) denunciando eventuali inadeguatezze o ingiustizie e formulando proposte. Si incontrano regolarmente e sono coordinati da un adulto individuato per questa funzione. Una volta l’anno si incontrano con il Consiglio Comunale per illustrare il loro lavoro.

LA SICUREZZA del gioco e del tempo libero.
Riprogrammare gli spazi di gioco ed i percorsi pedonali dei quartieri di tutta la città; incentivare l’”occupazione” sociale degli spazi pubblici.

AUTONOMIA DI MOVIMENTO NEGLI SPAZI PUBBLICI.
“A scuola ci andiamo da soli”. Una esperienza di autonomia a partire dai 6 anni, favorita dalla partecipazione della comunità sociale del quartiere: Comune, scuola, commercianti, anziani. L’autonomia dei bambini è fortemente correlata con il loro sviluppo (gioco), con la loro salute (obesità infantile) e con la sicurezza ambientale e la mobilità sostenibile della città.

Risorse
Fondi regionali (Del.Reg.nr.408/2013)

Tempi di realizzazione
100 giorni

STRUMENTO amministrativo
Delibera di Consiglio con adesione alla rete delle città del progetto “La Città dei Bambini”

Destra unita e il “santo in paradiso”.

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Non trovo incredibile che la destra si sia organizzata per presentarsi in modo unitario alle prossime elezioni amministrative del 2016.
Lo trovo spudoratoÈ comprensibile che si uniscano coloro che non avrebbero alcuna speranza di poter conquistare “il governo della città” se non insieme (forse) e dopo che per ben due volte quei medesimi politici sono stati smascherati perché invece che “per il governo della città” erano in tutt’altro indaffarati.

Ben 9 inchieste, voglio ricordarlo, sono state aperte dalla magistratura nei confronti della gestione del Comune di Latina durante l’era Di Giorgi su diverse questioni: rifiuti, variante Borgo Piave, spalti stadio, via Quarto, verde, spacchettamento appalti, campi sportivi senza concessioni, proroghe all’infinito…

Cinque anni fa il giovane latinense, da poco eletto in Consiglio Regionale e aspirante sindaco, fa un pubblico “mea culpa” per i disastri a firma Zaccheo, giura discontinuità e vince le elezioni.
Si insedia l’amministrazione Di Giorgi, piena di vecchi e di nuovi, con una giunta cangiante Romano-Latinense al bisogno.

Cade di nuovo e giurano “mai più insieme”.

Oggi leggiamo che le varie componenti di centro destra, che fino a ieri giuravano che non avrebbe mai più fatto accordi di nessun tipo con i propri fratelli-cugini ex PDL, ritrovano l’unità su un progetto politico che – audite audite – supera le divisioni sui temi di urbanistica, rifiuti, cimitero e metropolitana.
MA QUESTI SONO I TEMI CALDI della scorsa consiliatura ai quali i proprio gli stessi Calandrini, Tiero, Calvi e NON HANNO SAPUTO TROVARE SOLUZIONI PER BEN 4 ANNI!!!
Ma ci prendete in giro?
Ora hanno trovato l’intesa.
Fuori tempo, signori.

Quale credibilità può avere chi, alle strette, giura di fare il bravo la prossima volta, dopo che è stato colto in flagrante per ben due volte, con le mani nel grande sacco delle varianti urbanistiche, delle volumetrie raddoppiate e triplicate, dei doppi acquisti di aree già in possesso del Comune?
Chi volete incantare ancora?

Lo so, sperate ancora di essere quel “santo in paradiso” del cittadino che spera di trovare in voi chi gli sbriga le pratiche comunali.
Ecco perché ve ne andavate con faldoni in giro per gli uffici… ed io, neo eletta, a chiedervi se mi ero persa qualcosa, se dovessi anch’io procurarmi quel pesante fardello che supponevo indispensabile per l’espletamento del mandato di amministratore.
Dopo che con insistenza chiedevo cosa fossero tutte quelle carte, una risposta per tutte: “Ma scusa, come credi che mi possa mantenere tutti i voti che ho preso?“.
Sono felice ed orgogliosa che i miei 650 elettori non mi abbiano mai chiesto favori personali, o di fare per loro il lavoro che gli uffici sono tenuti a fare e che un certo politico, ahimé, “velocizza“, facendo credere al cittadino che quello sia un favore da ricambiare con un fedele voto da parte sua e della propria famiglia, quando invece è un diritto del cittadino quello di avere un’amministrazione che funzioni.
Ecco il motivo per cui la macchina amministrativa non veniva modernizzata, non veniva resa trasparente, non veniva resa efficiente: avrebbe tolto il lavoro e il consenso a certi politici…

Ed è questo lo scatto richiesto alla nostra città: il politico, nonostante debba mantenere una grande sensibilità nei confronti delle difficoltà particolari delle persone, deve prendersi cura della collettività, deve rendere più agevole, più efficiente, più trasparente, più accessibile il percorso di qualsiasi atto amministrativo. Deve sostenere la propria comunità, coordinando e agevolando il lavoro del terzo settore, progettando insieme alla comunità gli interventi che vengono erogati per evitare di trattare i cittadini fruitori finali dei servizi come oggetti sui quali far ricadere le proprie politiche. I cittadini vanno resi protagonisti e soggetti con i quali collaborare.
Gli elettori, da parte loro, devono pretendere dai propri eletti che si occupino della città tutta, perché è li che si gioca il futuro: il ben-essere si misura in termini di vivibilità collettiva, non individuale.
Gli elettori devono pretendere dai propri eletti che vengano alzati quegli standard che purtroppo oggi ci vedono fanalino di coda di tutte le classifiche, dall’ambiente alla trasparenza, dai servizi alla persona alla vivibilità in generale.

Il voto fidelizzato non fa bene a nessuno: il politico resta impunemente al suo posto nonostante combini disastri alla città e il cittadino resta chiuso nel proprio bisogno individualistico che il politico soddisfa: il disastro è garantito.

L’alternanza è lo strumento che rende i politici migliori (se faccio bene sarò confermato e altrimenti no) e i cittadini più attenti a valutare l’operato dei propri amministratori.

Cambiare si può: è il momento dell’alternanza.

COSA DICE QUESTO NATALE AI POLITICI

No, non dirò che il natale ci vuole tutti più uniti e più tolleranti.

img_1337.jpegL’unità, la tolleranza, il coraggio, la generosità non sono vestiti da indossare e poi togliere. Diceva Igino Giordani, padre costituente “la fede non è un cappotto che si appende prima di entrare in parlamento” sottolineando la necessità di mettere in pratica i valori cristiani sempre.

Quello che ci insegna il Natale è una cosa diversa.
Siamo in una fase politica locale difficile: il PD ha un candidato sindaco scelto con primarie partecipate e corrette (non ci sono state contestazioni o ricorsi), eppure, nonostante il vuoto della destra, non riesce a decollare a causa di interdizioni poste da chi è risultato perdente proprio alle primarie: l’eterna lotta tra due parti.
I giornali riportano con prontezza le vicendeimage

Latina Oggi
LatinaQuotidiano

Penso che in ogni ambito della vita ci sia bisogno di affinare l’arte del “saper perdere”.
A scuola cerchiamo di insegnare l’onestà intellettuale, di ammettere di aver sbagliato e di ripartire con umiltà: ci si rafforza e si cresce donne e uomini sani moralmente e con la schiena dritta.

In politica chi perde deve rialzarsi e ripartire dalla Politica con la P maiuscola, con umiltà e rinunciando a tattiche che hanno il sapore di ripicche. Le strategie per mantenere rendite di posizione dentro i partiti sono ormai riconoscibili e facilmente smascherabili: se un partito non è coraggioso nelle scelte di trasparenza e legalità, generoso nel formare e sostenere i “nuovi” al proprio interno e se non si concentra a risolvere i problemi dei cittadini non fa il suo dovere e prelude allo sfascio.

Il PD sta perdendo tempo prezioso e non permettere agli organismi democratici di procedere nel loro corso significa comportarsi come se il partito fosse più importante della città, la quale aspetta e si aspetta dal PD una dimostrazione di saper vincere per governare.
Come non capire che ora più che mai sono gli organismi a dover pesare di più delle posizioni dei singoli?

Una situazione di disunità fa venire la voglia di scappare, di mandare in malora tutto.

Ma qui arriva il vero insegnamento del Natale: un Dio incarnato è sceso negli abissi di una umanità piena di limiti e capace di orrori come la guerra, il terrorismo, la pedofilia, gli eccidi. Si è incarnato per vivere sulla propria pelle la sconfitta, la vergogna, l’abbandono fino alla morte da indegno.

E allora il Natale ci dice di non scappare davanti alle disunità, le brutture, le assurdità, bensì di entrarci dentro senza paura e lavorare senza sosta per un bene più grande e mai per i piccoli ed egoistici interessi particolari.

Mi piace chiudere con le parole di Igino Giordani che profondamente mi motivano a continuare la strada dell’impegno politico.

Pare a molti che la politica sia un’attività inferiore, ed equivoca, da lasciarsi ai maneggioni: e non capiscono che se dalla politica si allontanano gli onesti, il suo campo è invaso dai disonesti: e la politica tira con sé tutta la nostra vita, da quella fisica a quella morale; e una politica fatta da disonesti porta alla guerra, ai dissesti finanziari, alla rovina della ricchezza pubblica e privata, al malcostume, al disprezzo della religione, alla manomissione delle famiglie… Se la politica è sporca, insomma, va ripulita: non disertata.” (La Rivolta Morale, 1945)

Ecco l’augurio per questo Natale: saper accendere la luce del Natale nel buio degli angoli della nostra vita.
Nicoletta.

Il NO al dimensionamento non è un capriccio.

imageLe dichiarazioni di Latina Bene Comune che ho letto questa mattina sul Giornale di Latina a proposito del dimensionamento scolastico riportano un parere favorevole rispetto all’ipotesi di razionalizzazione della provincia: credo sia necessario un approfondimento.

La questione del dimensionamento non è una mera questione di opinioni: è qualcosa di più e la protesta “gridata nelle piazzenon rappresenta il capriccio di chi non vuole cambiare edificio scolastico.
Occorre leggere con attenzione il significato di una protesta che non solo studenti, bensì dirigenti, docenti e genitori hanno sostenuto e con motivazioni che non sono di certo dichiarati in un freddo decreto, ma che si nascondono nelle pieghe di fatti che solo una conoscenza ed una partecipazione personale agli incontri può svelare.

imageE, lo ripeto, quando un’intera comunità scolastica si solleva e si fa sentire, non grida perché sta facendo le bizze.

Nel decreto, infatti, non c’è scritto che nell’unica riunione tenuta con i dirigenti scolastici (23 ottobre 2015) l’unico tema all’ordine del giorno fosse recepire dalle scuole eventuali proposte di dimensionamento: le scuole interessate hanno comunicato di non proporre alcuna modifica rispetto allo stato attuale. In quell’unico momento di “ascolto” i funzionari della Provincia non hanno illustrato alcuna proposta di dimensionamento, e qualora ne avessero avuta una in mente, non ne hanno fatto alcuna menzione.
Di fatto i presidi hanno saputo delle decisioni, che tutti ora conosciamo, solo quando il decreto è apparso sull’albo pretorio della provincia per la pubblicazione l’atto che decretava le modifiche.
Si era evidentemente OFF LIMITS per qualsiasi vera consultazione sull’argomento. Nessun feedback era stato richiesto ai presidi. Ecco il motivo della protesta.

Ma il cuore del problema sta nella brutta abitudine, da parte dei decisori, di guardare al mondo della scuola come ad un mero groviglio di numeri (gli studenti) e di contenitori (gli edifici scolastici) e il lavoro è presto fatto: taglia di qua, metti di là, da un giorno all’altro.

Ebbene, le scuole sono molto di più.

Innanzitutto sono degli enti autonomi che deliberano in merito all’offerta formativa e alla modalità di utilizzo delle risorse di cui dispongono, investendo su percorsi didattici, formazione dei propri docenti e allacciando accordi con istituzioni esterne anche internazionali. Un lavoro che viene programmato almeno un anno e mezzo prima di essere realizzato e per il quale si muove una “macchina” molto complessa intrecciata con studenti, famiglie e lavoratori del settore.
Per capire l’entità della comunità, una scuola di 1400 studenti coinvolge 2800 genitori, 200 tra docenti e personale ATA.

Come si può pensare di ignorare la vera essenza della scuola – ovvero ciò che si muove dentro e intorno ad essa in un delicato equilibrio compreso ciò che una comunità scolastica è in grado di generare, cioè i cittadini di oggi e di domani – e ridurla invece ad un mero conteggio?
E per di più senza acquisire un parere da parte dei dirigenti scolastici che sono responsabili del funzionamento delle scuole a loro affidate? Perché estrometterli dal percorso decisionale ed imporre una decisione così improvvisa e drastica?

I percorsi partecipativi sono una cosa seria e richiedono tempo, onestà intellettuale e competenza.
Intraprenderli è una scelta di metodo, è una scelta politica.

Viale Italia e lo sdegno per gli alberi tagliati

imageViale Italia desta sentimenti forti oggi, senza le chiome dei pini che lo limitavano in una cornice di architettura tipica latinense. Giornali e social hanno gridato allo scempio o hanno azzardato risposte.
imageIl problema è un altro.
Non è la scelta di tagliare gli alberi: il vero problema è che ci si sente come se venissero eliminati dei mobili in casa propria senza il proprio consenso.
Il problema è condividere le scelte CON CHI vive la città.
Come per me a scuola: è sbagliato entrare in classe, iniziare a fare lezione senza esplicitare agli alunni qual’è lo scopo di quella lezione e di quelle attività: se non lo facessi, sarebbero distratti e non motivati per tutto il tempo.

Rendere PARTECIPI significa costruire COESIONE.

Evidentemente il Commissario Barbato sta intervenendo in emergenza su vari fronti, come per esempio per i pini di Viale Italia in emergenza sicurezza, e senza dover cercare particolare “feeling” con la cittadinanza (il suo compito non è avere il consenso dei cittadini).
La reazione della cittadinanza però fa capire quanto sia importante la fase della progettazione partecipata.
Cosa ha progettato il Comune per Viale Italia? Lo sanno i cittadini? Quali alberi pianteranno? Come sarà il viale una volta terminati i lavori di piantumazione delle nuove piante? Ci saranno nuove piantumazioni? Quale sarà il risultato finale e fra quanti anni lo vedremo?
Chiunque amministri domani non potrà non tener conto che i cittadini sono pronti a qualsiasi sacrificio a patto che sia chiaro il motivo del sacrificio, a patto che sia chiaro quale sia l’obiettivo finale e soprattutto che sia condiviso.

Si potrebbe ad esempio utilizzare il sito del Comune per esplicitare per ogni intervento quale sia l’obiettivo finale, gli strumenti, i tempi eccetera…
È impensabile che i cittadini che passano per una strada non comprendano che cosa stia accadendo e siano costretti a chiedere agli operai che cosa stiano facendo. È una grave responsabilità di chi amministra: lasciare nel buio e nel più completo disorientamento i padroni della città che sono i cittadini.

Le scelte non vanno rendicontate solo alla fine dell’anno con atti amministrativi e chiusure di bilancio: vanno condivise sin dall’inizio e rendicontate in itinere, esplicitando i progetti e i motivi che hanno portato a quelle scelte attraverso mezzi e strumenti accessibili a tutti.
Non esiste per me altro modo di intendere l’amministrazione della città: partecipare, rendere visibile l’obiettivo e condividere con la cittadinanza che vive e il fruisce degli spazi della città, mezzi metodi e tempi di realizzazione delle opere.

E non esiste neanche altro modo di insegnare :-)

La scuola programma, una certa politica smembra.

foto 2Una politica distratta si ostina a trattare il mondo della scuola come un mero contenitore di numeri e di costi, ponendo una questione seria rispetto all’adeguatezza dei propri rappresentanti per il ruolo che ricoprono.

Nonostante possa apparire una decisione condivisibile in un’ottica di ottimizzazione e di riordino, quella che con decreto la Presidente della provincia ha preso nei confronti del dimensionamento scolastico di quest’anno, a me pare, per le ricadute devastanti su un istituto come il Manzoni, una mossa che certamente maggiormente penalizza e destabilizza uno dei Licei più grandi della città.
Cui prodest?
(leggi il decreto e l’allegato sul dimensionamento)

Se questa operazione andasse fino in fondo ben 600 studenti sugli attuali 1400 circa verranno scorporati lasciando l’istituto con circa 800 studenti, quindi a rischio autonomia.

Ci sono ben tre elementi rispetto alle conseguenze negative sull’istituto Manzoni: il primo è il rischio dell’autonomia. Da Liceo leader di innovazione, cultura e didattica diverrà appendice di qualche altro Liceo, anch’esso sottodimensionato, ma non per una volontà dall’alto, bensì per poca attrattiva.

L’altro aspetto riguarda la metodologia dell’iter che questa decisione ha seguito: non ha garantito l’ascolto e la consultazione di tutte le parti in campo. Non solo andavano ascoltati i dirigenti scolastici, ma la norma prevede anche l’ascolto dei genitori e degli alunni nonché delle rappresentanze sindacali che, proprio nelle linee guida della regione specificata debbano essere consultati in rappresentanza dei lavoratori.

L’ultimo aspetto, non trascurabile, è che ormai siamo già a metà orientamento scolastico: questo significa che un gran numero di scuole medie sono state contattate, insieme ai familiari dei ragazzi che si scriveranno alle scuole superiori per l’anno 16/17, e si è già presentats un’offerta formativa che evidentemente non è secondo il dimensionamento.

Esiste una frammentazione dei licei linguistici sul territorio – Majorana oltre 300 studenti, Manzoni 600 studenti, Priverno circa 100 (non toccato perché fuori distretto?)
È vero che il liceo Manzoni è attualmente sovradimensionato rispetto alla struttura che lo ospita – attualmente 13 classi sono allocate nella succursale in via Cairoli c/o V.Veneto – ma gli enti locali troppo spesso dimenticano che la scuola viaggia con programmazioni rigorose fatte con molto anticipo perché l’organizzazione di comunità di migliaia di studenti e la loro formazione non può essere né improvvisata né gestita in modo frettoloso.

Non risulta nessuna comunicazione ufficiale dell’intenzione di voler modificare l’assetto dei licei con l’istituzione di un polo linguistico e conseguenti profonde modifiche dei licei Manzoni e Majorana.

Non risulta neanche che ci sia stata una consultazione a livello politico, dalla quale poteva arrivare un’ulteriore riflessione visto che i sindaci e i rappresentanti dei cittadini in provincia costituiscono comunque canali di istanze territoriali.

Non bisogna mai dimenticare che la scuola è una comunità di migliaia di persone, una macchina complessa che ha imparato a ben progettare con molto anticipo, pena il caos e la totale inefficacia del suo intervento. E quello che la politica qui ha fatto è riversare sulla scuola decisioni tardive, unicamente tecnicistiche, senza tenere in considerazione i tempi, il lavoro in itinere della scuola (orientamento) e gli investimenti a medio e lungo termine fatti dalle scuole (i costi sostenuti per la formazione di docenti dei corsi ESABAC).

Il decreto va oggi revocato, e se si ipotizzano cambiamenti importanti, questi vanno fatti ascoltando e rispettando i tempi del mondo della scuola.
Lo ripeto: una politica distratta si ostina a trattare il mondo della scuola come un mero contenitore di numeri e di costi, ponendo una questione seria rispetto all’adeguatezza dei propri rappresentanti per il ruolo che ricoprono.

Le primarie e la sete di buona politica

Diciamolo: le primarie di Latina sono state un traguardo importante, e ad aver vinto è stata la IMG_9349.JPGbuona politica.

Gli elettori (e i futuri elettori) del partito democratico hanno voluto far vincere l’idea che alla guida della città ci sia bisogno di una persona di competenza, trasparente e che abbia già dato prova di saper fare buona politica: Latina ha bisogno di questo.

I punti costantemente richiamati nella campagna elettorale di Enrico Forte candidato a sindaco, sono stati proprio competenza, trasparenza e buona politica, punti rafforzati in ogni tappa del ViaggioxLatina che abbiamo messo in campo già oltre un mese fa.

Questa è stata la motivazione che ha fatto da fulcro ad una moltitudine crescente di persone che hanno ingrossato le fila dei sostenitori di Enrico che incarnava questa opzione. Quella stessa motivazione che ha ridato valore e dignità a storie e persone provenienti da origini lontanissime tra loro, ma che sono spontaneamente confluite in un luogo che hanno riconosciuto come “la loro casa“, come gli elettori delle primarie che hanno riconosciuto nella buona politica la soluzione ai problemi di Latina.

Una casa democratica era il progetto originario del Partito Democratico iniziato con i “40 saggi”. Purtroppo il progetto ha subìto una pesante deviazione verso la cosiddetta “fusione a freddo”, una giustapposizione di parti facenti capo a figure politicamente determinanti che si contendevano il partito a suon di tessere.

Ecco invece che, nel gruppo che ha sostenuto Enrico, abbiamo assistito a qualcosa di inatteso: il clima è di collaborazione fino all’ultima goccia di energia, non ci sono accordi di retrovia che motivano all’azione, nessuno pretende un ruolo ma ci si mette a completa disposizione “a prescindere”, si ritrova la gioia di fare politica insieme.
E questo è certamente quello che “profeticamente” i 40 saggi avevano visto: valori di sinistra di radice cristiana rispecchiare il popolo italiano portando in sé il DNA di un partito maggioritario.

Spesso si pensa che se non c’è il “clima” giusto, nulla si riesce a fare. E invece è stato esattamente il contrario: il metodo adottato dal gruppo (riconosciuto e costantemente ricalibrato, le decisioni sempre prese insieme, lealmente rispettate) ha generato il “clima” e ha attratto consenso, sostegno e sempre nuove energie.

Ed ora ci aspetta una sfida importante: per primi in tutta Italia abbiamo celebrato le primarie in un comune alle urne il prossimo 12 giugno: primarie senza contestazioni, senza ricorsi, pulite e trasparenti.

La città si merita l’alternanza che fa bene ai cittadini e ai politici.
Questo è il Partito Democratico che Latina vuole.
Questo è il PD che serve all’Italia.

Nicoletta Zuliani intervistata da “Il Giornale di Latina”: i candiati PD.

imageEcco l’intervista che Marianna VICINANZA de “Il Giornale di Latina” ha realizzato e che è stata pubblicata nel numero di mercoledì 14 ottobre 2015.

Lei è stata in questi giorni tra le più critiche nei confronti di Paolo Galante, il candidato promosso da Moscardelli. Perché?
“Appunto, perché è considerato il candidato di Moscardelli, mentre dovrebbe essere il candidato del PD, dovrebbe rispondere a una serie di bisogni valoriali e di trasparenza e partecipazione di cui il partito democratico si è sempre fatto promotore. Renzi non ha mai fatto andare avanti un civico al posto di un politico, si è piuttosto circondato di persone competenti, dei mondi dell’imprenditoria dell’economia, della cultura per poter dare spessore al suo intervento politico, invece di prendere una persona al di fuori del partito E sostituirla ad un politico è un processo che io non condivido. Come mettere un politico che non ha mai fatto imprenditoria a capo di un’azienda e pensare di riuscire nell’impresa”.

Eppure lei viene dal mondo della scuola, da quella società civile di cui stiamo parlando.
“Provengo dalla società civile ma non mi sono proposta alla guida dell’amministrazione della seconda città del Lazio. Nel 2011 mi sono proposta come rappresentante dei cittadini in un consiglio comunale, è cosa ben diversa. Chi voleva nel PD un vero civico come sindaco avrebbe dovuto interloquire con le forze realmente civiche, e non con un singolo civico. Chi voleva un vero sindaco civico non avrebbe dovuto fargli la tessera del PD facendolo diventare “in corso d’opera “un politico. I professionisti della società civile devono affiancare il sindaco non devono sostituirsi adesso. Altrimenti si sancisce un principio che non condivido affatto nel caso di galante: la politica non serve; l’imprenditoria si può sostituire alla politica perché è l’unica che sa ‘fare’.

La politica serve ma nel caso di Enrico Forte c’è chi, come Omar Sarubbo e Massimiliano Carnevale, sostiene, che abbia troppi ruoli o sia in politica da troppo tempo.
“Sarubbo e Carnevale stanno in politica in proporzione almeno quanto Enrico, tenendo conto che poi Enrico per una decina e più di anni è stato anche fuori. Questo però non li fa meno affidabili o meno competenti, nella politica esperienza competenza e onestà sono valori aggiunti non certo punti deboli”.

Il paradigma imprenditore di successo-bravo politico di cui parlava prima e la semplicità con cui si vuole far passare questo binomio nella gestione di un comune, lei lo condivide?
“Non lo condivido affatto, e questo paradigma mi ricorda quello di Berlusconi, che noi abbiamo tanto osteggiato come Partito Democratico e come centro sinistra. La differenza con Berlusconi è che lui ha dichiarato un reddito annoverato tra i primi contribuenti in Italia, Paolo Galante dice di essere un imprenditore di successo e diciamo che questo è ancora tutto da verificare. Io credo che governare una macchina come quella della gestione della cosa comune è compito complesso: hai a che fare con una serie innumerevole di settori interconnessi. Devi avere a che fare con le fasce fragili, con il mondo giovanile, occuparti di ambiti come il fronte della tutela della legalità, come l’urbanistica e la gestione del territorio. La politica come amministrazione della cosa pubblica è un livello superiore e più complesso di una semplice azienda e racchiude tutti i settori della società. Non possiamo mischiare tutto: imprenditori e politici interscambiabili, destra e sinistra interscambiabili, non possiamo fare che tutto è uguale a tutto. È ciò che vorrebbero gli speculatori. I cittadini, invece, hanno bisogno di poche cose chiare: onestà, coerenza e competenza”.

Esperienza, competenza, merito, hai fatto un richiamo a questi temi riguardo alla scelta dei candidati durante l’assemblea comunale. Li ravvisi nei due candidati del PD?
“Galante sarà sicuramente una persona competente nel suo settore, ma per me è inadatta come candidato a sindaco per le ragioni che ho espresso. Io parlo di competenza nella gestione politica ed è un valore che riconosco in Enrico Forte. Questo non è voler criticare a tutti costi un avversario politico, è porre una questione importante di cui si parla poco: il candidato del PD deve rispondere a requisiti di interpretazione dei valori che il partito ha sempre promosso. Valori antifascisti, di priorità dei processi di partecipazione, capacità di sviluppo reale creando sinergie con gli altri comuni dell’area vasta e realizzando progettazioni di calibro europeo. LATINA deve diventare ciò che non è mai stata, uscire dal suo perimetro per non farsi fagocitare da Roma Capitale.

Lei è stata una delle poche nel dibattito politico degli ultimi tempi a mettere in evidenza la sfida e il problema della futura governabilità. Ci sono i presupposti con questi due candidati?
Sostengo Enrico Forte proprio perché credo che una omogeneità di visione e di composizione di compagine di governo sia necessaria. Lo abbiamo visto con i governi traballanti e di vita breve dei comuni della provincia di Latina che sono stati ultimamente commissariati. Lo stile di Galante che ha più volte dichiarato che “la soluzione ai problemi di Latina sono io” è la tipica affermazione dell’uomo solo al comando che da imprenditore decide in maniera autonoma. Sarà coerente con se stesso, ma poi fare i conti con la squadra sarà difficilissimo. Mi chiedo: Galante è capace di interpretare la visione del nostro partito? Aggregare persone con un metodo che si basa sui rapporti personali e invece che sui temi, sui contenuti e progetti condivisi,  non mi convince. Questo non è altro che il paradigma che la destra ha utilizzato negli ultimi vent’anni a Latina: il rapporto uno ad uno, un rapporto ad personam.

Spostare il dibattito sul piano dei contenuti lo chiedono anche i cittadini. Quali sono i temi sui quali il partito democratico può fare la differenza rispetto ad altre forze politiche?
Uno dei temi chiave è la trasparenza. C’è chi come Nicola Calandrini parla continuamente della casa di vetro ma lui è stato per quattro anni presidente del consiglio comunale di Latina e non mi sembra che Latina fosse esattamente una casa di vetro. Forte è stato uno dei primi a rinunciare ai rimborsi delle trasferte, al rimborso elettorale da consigliere regionale. Prima di Zingaretti e fino a che lui non ha annullato questa legge, tutti i consiglieri ricevevano € 2.040 al mese senza obbligo di rendicontazione. Enrico ha rinunciato da subito, non li ha mai riscossi.

E oltre alla trasparenza?
Altri temi sono l’urbanistica e il bilancio partecipato. Anche su cultura e scuola c’è una città da rifondare. Dobbiamo mettere a sistema tutte quelle risorse culturali che non devono restare circoscritte ma che devono proiettarsi fuori con un progetto credibile che non rimanga confinato nel circuito cittadino. Costruire un blocco forte con tutta la provincia tale da poter aumentare la nostra capacità attrattiva di finanziamenti e competere a livello europeo. La politica sana è quella che si impegna in prima persona dando priorità ai contenuti, è ora di partire da questo.