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Perché i sindaci si mobilitano per Enrico Forte?

imageLa lettera di sostegno nei confronti di Enrico Forte da parte di 10 sindaci della provincia pubblicata oggi dai giornali locali ha messo un po’ in subbuglio il PD.

Facile pensare che il sindaco di Latina sia un affare tutto interno alla città.

Ingenuo crederlo.

Io invece ringrazio i sindaci per averci dato motivo di riflessione. Una riflessione che già in qualità di ex-consiglieri comunali (Porcari, Fioravante, De Amicis ed io) avevamo proposto.

Le province, sappiamo, hanno vita brevissima e verranno in sostituite da contesti di “area vasta”. L’area territoriale extra comunale raggrupperà i vari comuni per distretti o bacini di utenza a seconda della tipologia del territorio e del servizio che dovrà offrire. Il nostro territorio è già diviso, infatti, in vari ambiti: distretti sanitari, ATO per la gestione dell’acqua, dei rifiuti, le scuole…

Il sindaco del capoluogo di provincia non dovrà solo occuparsi della cura della propria città, bensì sarà chiamato a “pensare se stesso” al di fuori del perimetro ristretto del proprio comune. Avrà un ruolo di grande peso nel rappresentare e nel gestire le dinamiche extra comunali.

Non solo.

Sarà il naturale propulsore rispetto alla valorizzazione delle risorse di tutto il territorio extra comunale – che lui deve dimostrare di conoscere nei particolari o non servirà a nessuno – anche finalizzato alla creazione di legami sovra-comunali a livello regionale, interregionale ed europeo, per i quali non basta affatto la sola buona volontà o la sola onestà.

Il sindaco di Latina dovrà essere un conoscitore del territorio e delle dinamiche istituzionali extraterritoriali: un uomo con una intelligenza istituzionale ed una competenza che non si improvvisa dall’oggi al domani.

Si capisce, allora, la premura dei 9 sindaci della provincia nei confronti di Enrico Forte in quanto candidato alle primarie…
Come dar torto a chi vede in lui, a giusta ragione, la persona esperta ed onesta che può finalmente far uscire il nostro territorio dall’isolamento in cui ci ha relegato una politica ignorante e tutta concentrata ad arricchire i pochi potenti e a restituire favori elettorali?

Ecco perché l’elezione del sindaco di un capoluogo di provincia desta tanto interesse anche al di fuori del perimetro comunale.
Ecco perché le riflessioni da fare sono molte e richiedono di uscire dal proprio piccolo orticello, ma soprattutto… di raccontarla tutta agli elettori.

Nicoletta Zuliani intervistata da “Il Giornale di Latina”: i candiati PD.

imageEcco l’intervista che Marianna VICINANZA de “Il Giornale di Latina” ha realizzato e che è stata pubblicata nel numero di mercoledì 14 ottobre 2015.

Lei è stata in questi giorni tra le più critiche nei confronti di Paolo Galante, il candidato promosso da Moscardelli. Perché?
“Appunto, perché è considerato il candidato di Moscardelli, mentre dovrebbe essere il candidato del PD, dovrebbe rispondere a una serie di bisogni valoriali e di trasparenza e partecipazione di cui il partito democratico si è sempre fatto promotore. Renzi non ha mai fatto andare avanti un civico al posto di un politico, si è piuttosto circondato di persone competenti, dei mondi dell’imprenditoria dell’economia, della cultura per poter dare spessore al suo intervento politico, invece di prendere una persona al di fuori del partito E sostituirla ad un politico è un processo che io non condivido. Come mettere un politico che non ha mai fatto imprenditoria a capo di un’azienda e pensare di riuscire nell’impresa”.

Eppure lei viene dal mondo della scuola, da quella società civile di cui stiamo parlando.
“Provengo dalla società civile ma non mi sono proposta alla guida dell’amministrazione della seconda città del Lazio. Nel 2011 mi sono proposta come rappresentante dei cittadini in un consiglio comunale, è cosa ben diversa. Chi voleva nel PD un vero civico come sindaco avrebbe dovuto interloquire con le forze realmente civiche, e non con un singolo civico. Chi voleva un vero sindaco civico non avrebbe dovuto fargli la tessera del PD facendolo diventare “in corso d’opera “un politico. I professionisti della società civile devono affiancare il sindaco non devono sostituirsi adesso. Altrimenti si sancisce un principio che non condivido affatto nel caso di galante: la politica non serve; l’imprenditoria si può sostituire alla politica perché è l’unica che sa ‘fare’.

La politica serve ma nel caso di Enrico Forte c’è chi, come Omar Sarubbo e Massimiliano Carnevale, sostiene, che abbia troppi ruoli o sia in politica da troppo tempo.
“Sarubbo e Carnevale stanno in politica in proporzione almeno quanto Enrico, tenendo conto che poi Enrico per una decina e più di anni è stato anche fuori. Questo però non li fa meno affidabili o meno competenti, nella politica esperienza competenza e onestà sono valori aggiunti non certo punti deboli”.

Il paradigma imprenditore di successo-bravo politico di cui parlava prima e la semplicità con cui si vuole far passare questo binomio nella gestione di un comune, lei lo condivide?
“Non lo condivido affatto, e questo paradigma mi ricorda quello di Berlusconi, che noi abbiamo tanto osteggiato come Partito Democratico e come centro sinistra. La differenza con Berlusconi è che lui ha dichiarato un reddito annoverato tra i primi contribuenti in Italia, Paolo Galante dice di essere un imprenditore di successo e diciamo che questo è ancora tutto da verificare. Io credo che governare una macchina come quella della gestione della cosa comune è compito complesso: hai a che fare con una serie innumerevole di settori interconnessi. Devi avere a che fare con le fasce fragili, con il mondo giovanile, occuparti di ambiti come il fronte della tutela della legalità, come l’urbanistica e la gestione del territorio. La politica come amministrazione della cosa pubblica è un livello superiore e più complesso di una semplice azienda e racchiude tutti i settori della società. Non possiamo mischiare tutto: imprenditori e politici interscambiabili, destra e sinistra interscambiabili, non possiamo fare che tutto è uguale a tutto. È ciò che vorrebbero gli speculatori. I cittadini, invece, hanno bisogno di poche cose chiare: onestà, coerenza e competenza”.

Esperienza, competenza, merito, hai fatto un richiamo a questi temi riguardo alla scelta dei candidati durante l’assemblea comunale. Li ravvisi nei due candidati del PD?
“Galante sarà sicuramente una persona competente nel suo settore, ma per me è inadatta come candidato a sindaco per le ragioni che ho espresso. Io parlo di competenza nella gestione politica ed è un valore che riconosco in Enrico Forte. Questo non è voler criticare a tutti costi un avversario politico, è porre una questione importante di cui si parla poco: il candidato del PD deve rispondere a requisiti di interpretazione dei valori che il partito ha sempre promosso. Valori antifascisti, di priorità dei processi di partecipazione, capacità di sviluppo reale creando sinergie con gli altri comuni dell’area vasta e realizzando progettazioni di calibro europeo. LATINA deve diventare ciò che non è mai stata, uscire dal suo perimetro per non farsi fagocitare da Roma Capitale.

Lei è stata una delle poche nel dibattito politico degli ultimi tempi a mettere in evidenza la sfida e il problema della futura governabilità. Ci sono i presupposti con questi due candidati?
Sostengo Enrico Forte proprio perché credo che una omogeneità di visione e di composizione di compagine di governo sia necessaria. Lo abbiamo visto con i governi traballanti e di vita breve dei comuni della provincia di Latina che sono stati ultimamente commissariati. Lo stile di Galante che ha più volte dichiarato che “la soluzione ai problemi di Latina sono io” è la tipica affermazione dell’uomo solo al comando che da imprenditore decide in maniera autonoma. Sarà coerente con se stesso, ma poi fare i conti con la squadra sarà difficilissimo. Mi chiedo: Galante è capace di interpretare la visione del nostro partito? Aggregare persone con un metodo che si basa sui rapporti personali e invece che sui temi, sui contenuti e progetti condivisi,  non mi convince. Questo non è altro che il paradigma che la destra ha utilizzato negli ultimi vent’anni a Latina: il rapporto uno ad uno, un rapporto ad personam.

Spostare il dibattito sul piano dei contenuti lo chiedono anche i cittadini. Quali sono i temi sui quali il partito democratico può fare la differenza rispetto ad altre forze politiche?
Uno dei temi chiave è la trasparenza. C’è chi come Nicola Calandrini parla continuamente della casa di vetro ma lui è stato per quattro anni presidente del consiglio comunale di Latina e non mi sembra che Latina fosse esattamente una casa di vetro. Forte è stato uno dei primi a rinunciare ai rimborsi delle trasferte, al rimborso elettorale da consigliere regionale. Prima di Zingaretti e fino a che lui non ha annullato questa legge, tutti i consiglieri ricevevano € 2.040 al mese senza obbligo di rendicontazione. Enrico ha rinunciato da subito, non li ha mai riscossi.

E oltre alla trasparenza?
Altri temi sono l’urbanistica e il bilancio partecipato. Anche su cultura e scuola c’è una città da rifondare. Dobbiamo mettere a sistema tutte quelle risorse culturali che non devono restare circoscritte ma che devono proiettarsi fuori con un progetto credibile che non rimanga confinato nel circuito cittadino. Costruire un blocco forte con tutta la provincia tale da poter aumentare la nostra capacità attrattiva di finanziamenti e competere a livello europeo. La politica sana è quella che si impegna in prima persona dando priorità ai contenuti, è ora di partire da questo.

Politica ambigua? No, grazie.

imageAncora una volta balzati a cronaca nazionale.

Questa volta per la bizzarra idea di candidare nel PD un uomo da sempre connotato nella destra latinense.
L’esigenza dichiarata è quella di voler aprirsi al nuovo elettorato (quello della destra) definito l’unico che può fa la differenza.

Ma dov’è la differenza?
Essere aperti alla cosiddetta “società civile”?

Sono una di quelli che ha risposto all’appello di Veltroni ad entrare nel Partito Democratico perché c’era bisogno di donne e uomini “della società civile”: il nuovo partito che veniva fondato voleva rappresentare ed essere il rinnovamento della politica.
Di quel gruppo siamo rimasti in pochissimi a fare politica attiva.

Quando si invita qualcuno ad entrare in casa propria a vivere insieme, il modello di convivenza va necessariamente modificato: il PD, in questi anni, ha mantenuto il suo rigido modello fatto di gruppi piramidali ai cui membri venivano garantiti ruoli ed eventuali candidature.

No. Il cambiamento va impresso dando forza a chi ha conquistato il merito e la competenza in ambito politico con idee chiare e non interpretabili: siamo un partito, e come tale abbiamo il dovere e la responsabilità di produrre buona politica ed offrire un percorso che oggi deve soddisfare i criteri di chiarezza, competenza e innovazione.

Perché qui stiamo parlando di politica, non di faccia interessante o di notorietà, giusto?
Né tanto meno di ceto politico “migrante”, vero?

Comprendo l’esigenza di diventare riferimento per una grossa fetta di elettorato sentimentalmente legato alla destra, ma ritengo che gli elettori vadano trattati per ciò che sono: persone intelligenti.

La destra a Latina ha fallito (e abbiamo la fortuna che l’evidenza schiaccia qualsiasi sentimentalismo).
Ora proviamo noi a dimostrare che Latina si può governare in un modo diverso.
Come?
Il viaggioxLatina che abbiamo intrapreso con Enrico Forte è chiaro: punto per punto, luogo dopo luogo, tema su tema spiegherà come vogliamo governare.
Ci vuole chiarezza e coerenza.
Il tempo della politica confusa ed ambigua è finito.

In ViaggioXLatina

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Vi aggiorno del viaggioxlatina che abbiamo iniziato.

Vi dico subito che per me personalmente rappresenta un’occasione importante per collaborare in modo reale alla costruzione di un programma per la nostra città.
L’idea del viaggio rispecchia bene quello che intendiamo fare: metterci in cammino e condividere la strada verso l’obiettivo finale, una proposta di città rigenerata.

Voi direte:”Nicoletta, siamo stufi della politica e dei politici“.
È vero, noi tutti siamo stufi di come hanno usato la politica per raggiungere interessi economici o di potere.
Ciò di cui noi tutti siamo stufi è la disonestà praticata dentro la politica, siamo stufi che i disonesti della politica siano sempre lì a parlare, agire e dirigere.
La politica però, non può stufarci: è il “luogo” dove si prendono le decisioni che riguardano tutti noi.

Il problema è chi frequenta quel luogo.

Latina ha bisogno del meglio che i suoi cittadini possono offrire.

Non credo che il “meglio” sia colui che ci fa vincere, e quindi colui che ci porta i voti della destra, come pensano alcuni del mio partito, dal momento che “a Latina tutti sono un po’ di destra e l’unica speranza è di portarsi quelli della destra dalla nostra parte!”: una sorta di armata Brancaleone.
Ditemi con che criterio si governerà… Necessariamente col criterio del “do ut des”: ad ognuno il suo pezzetto di potere in cambio dei voti portati, salvo poi cadere nella trappola del ricatto qualora il personaggio di turno non ritenesse di aver ricevuto abbastanza.
No, questo non è il “meglio” per la città.

Gli elettori della destra che vogliono il bene della città sanno che l’alternanza è l’unico modo per “punire” chi ha malgovernato, scegliendo “gli altri” che dimostrano trasparenza, onestà e competenza. La libertà dagli schemi ideologici aiuterebbe l’alternanza che ha come criterio di scelta la valutazione dell’operato dei politici e della fattibilità dei progetti proposti.

Non credo neanche che il “meglio” sia colui che non ha mai avuto niente a che fare con la politica e quindi considerato pulito, “basta che sia onesto!”: no, neanche questo è il “meglio”.
Bisogna conoscere bene i comandi dell’aereo, non basta essere solo onesti e avere tanta buona volontà… La macchina amministrativa, il baratro economico-finanziario, i macigni dei problemi non risolti, il rapporto con gli altri enti, la gestione delle dinamiche interne alla propria compagine richiedono molto più dell’onestà e della buona volontà: queste qualità sono forse sufficienti per un presidente di associazione.
Per un sindaco sono condizioni necessarie ma non sufficienti.

Ed è per questo che non posso non impegnarmi.
Viviamo qui a Latina, e ora in un periodo storico difficilissimo. Non posso esimermi dall’impegnarmi perché la nostra comunità non si può servire ed amare solo in tempi facili, quando fare politica porta popolarità e riconoscenza: qui ed ora è il momento in cui Latina ha bisogno di essere servita ed amata anche con la competenza.
Offro il mio tempo, la mia storia personale, professionale e politica a servizio di un disegno per la mia comunità, non per una persona.

Non seguo le persone (chi mi conosce, lo sa), ma sono pronta a dare tutto per un progetto sano, onesto e di spessore. E la nostra comunità non si merita niente di meno.
Non mi entusiasmano le persone, ma lavorare insieme, cooperare e condividere un’esperienza basata sulla valorizzazione reciproca – nonostante le diverse esperienze di cui ognuno è il prodotto – e mi spendo senza riserve per un lavoro portato avanti fianco a fianco, mai subalterno, mai asimmetrico.

Voglio lavorare alla definizione di una vera alternativa alla destra che, certo era fiera di rappresentare la maggioranza dei cittadini, ma che ha governato in modo spudorato per gli interessi di pochi, distruggendo la dignità di chi si chiama latinense e riducendo Latina ad una “città relitto“.
Con Enrico Forte e con il gruppo che si allarga attorno a noi, stiamo facendo un’esperienza davvero entusiasmante: finalmente si approfondiscono temi, si studiano possibili soluzioni e proposte in un clima di lealtà e di concretezza che non vedevo da tanto tempo.

Non si parla di politici, ma si esce fuori dalle stanze della politica e fuori dai giornali per ritornare nel tessuto umano e cittadino dove la politica è stata assente per anni.
Ebbene, con la storia e l’esperienza che ognuno di noi ha costruito nel tempo, sentiamo di poter offrire il meglio per la nostra città.

Latina Ambiente: ultimo atto.

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Un Consiglio Comunale molto importante quello di ieri, 12 maggio 2015, che si è prolungato fino a notte fonda per decidere le sorti della Società partecipata Latina Ambiente.
Nello sfondo si è ben percepito il sostanziale crollo dell’amministrazione Di Giorgi.

Il Consiglio si è espresso votando a maggioranza una mozione unica frutto di sintesi tra le proposte del Partito Democratico, Forza Italia e Insieme per Latina firmata dai 10 consiglieri PD, i 9 di Forza Italia e con il voto favorevole di Fabio Cirilli.

La mozione chiedeva di mettere in liquidazione la società partecipata e avviare una gara europea per l’individuazione del soggetto che si occuperà del servizio raccolta e smaltimento rifiuti, questa volta totalmente privato.

imageTensioni e folla dal primo minuto fino al termine della seduta che si è protratta fino oltre la mezzanotte tanto da richiedere DIGOS, Carabinieri e forze di Polizia per tutto il tempo: i lavoratori della Latina Ambiente temevano di perdere il lavoro e le forze politiche Fratelli d’Italia, NDC e gruppo misto (ovvero i fuoriusciti dai vari partiti che non si sono politicamente ricollocati) sostenevano l’ipotesi che ci fosse il pericolo per gli operai di perdere il proprio lavoro.
imageimageDi fatto la normativa nazionale tutela i livelli occupazionali perché obbliga l’impresa che si aggiudicherà la gara ad assumere gli operai già in forza all’impresa cessante. Anzi, nella relazione dei dirigenti all’Ambiente e del settore Finanziario del Comune di Latina si legge che l’implementazione del “porta a porta” per una differenziata spinta richiederà di fatto un aumento della forza lavoro. Potrebbero invece essere a rischio i posti degli amministrativi e dei dirigenti della Latina Ambiente.
L’opzione del partito del sindaco, NCD e indipendenti era invece di internazlizzare il servizio, ovvero municipalizzare la società e gestire il servizio raccolta e smaltimento dai nostri uffici.

Ma vi immaginate? Non siamo stati capaci di controllare l’operato di una società pubblica/privata, figuriamoci di gestirlo noi in prima persona. Tra l’altro gli operai non sarebbero mai stati internalizzati al Comune perché nell’amministrazione pubblica si entra solo per concorso pubblico.

Non potevamo che chiudere l’esperienza di una società mista che ha “sprecato” risorse pubbliche, ha generato debiti, conti non chiari e non verificabili, e soprattutto non ha mai aumentato il livello di differenziata (da anni fermo al 32%), quando invece la Comunità Europea ci impone il 65%.

Un costoso “carrozzone” usato per acquisire consenso elettorale.

Chi merita il mio consenso?

    imageHo letto l’appello di Francesco Miscioscia su LatinaQuotidiano e mi ha sollecitato ad una riflessione.

    In questi anni di mandato elettorale mi sono resa conto di quanto sia importante la partecipazione dei cittadini e la loro scelta attraverso il voto.

    No, non ho scoperto l’acqua calda: ho avuto modo di riflettere su questo in modo più approfondito avendo vissuto in prima persona gli effetti del consenso dei cittadini ed averli visti anche sui miei colleghi della maggioranza.

    Spesso si va a votare pensando di voler dare forza alla propria “squadra politica” come se si trattasse di una squadra di calcio. Il sentimento che viene sollecitato dai politici locali è spesso quello di far sostenere la persona cara, il parente, l’amico, o il politico che si è dimostrato vicino facendoti qualche favore, per vincere la competizione elettorale buttando la’ qualche idea fantasiosa e del tutto utopica per la città.
    Mi si deve spiegare perché la consanguineità diventa un criterio di scelta per la rappresentanza politica e amministrativa: essere un “parente” ti fa diventare in automatico un politico migliore?
    Perché ci sentiamo “obbligati” a dare il voto ad un parente?
    Cosa lo rende più capace di usare gli strumenti politici amministrativi rispetto ad un altro?
    Forse che il fatto di averlo a disposizione, a portata di mano ci fa sentire più protetti?
    O il voto diventa un “obbligo morale familiare” e quindi espropriato della sua importante funzione sociale?
    Cosa cerchiamo nel politico che ci governa: una certa “vicinanza” per poter facilmente risolvere i nostri piccoli/ grandi problemi personali, oppure la capacità di equilibrio, la competenza di saper governare situazioni complesse, difficili continuando a valorizzare l’apporto dei cittadini che lo hanno sostenuto?

    Certamente il peso della responsabilità nelle elezioni è tutto in mano all’elettore che con la sua matita può fare e disfare il futuro della propria città; poi però, questa responsabilità passa nelle mani di coloro ai quali abbiamo dato il POTERE di fare ciò che hanno dichiarato in campagna elettorale.

    Al termine di un’esperienza amministrativa la responsabilità ritorna nelle mani dei cittadini, degli elettori che a questo punto dovrebbero usare il criterio del MERITO: i politici che ho votato meritano ancora di avere la mia fiducia?
    Hanno usato bene il potere che io gli ho dato per governare bene questa città? Questo, secondo me, dovrebbe essere il criterio che guida i cittadini nella scelta di chi dovrà gestire i problemi e le risorse del proprio territorio.

    Il nostro voto è soggetto a diverse spinte.
    Uno è il sentimento della fidelizzazione o del restare fedeli, molto simile al sentimento che ci lega ad una squadra di calcio (e qui a Latina queste mie non sono solo parole…).
    Mi chiedo spesso ma è questo il criterio che ci deve guidare alla scelta di chi deve gestire non solo me, ma tutta la comunità? Una persona, ad esempio, che si è dimostrata incapace, o ininfluente o dannosa all’interno della compagine amministrativa può continuare a riscuotere la mia fiducia di cittadino? Oppure, una persona onesta ma inesperta è lo strumento migliore per poter cambiare in meglio la nostra città? Basta l’onestà per essere il politico giusto per gestire i problemi e le risorse del nostro territorio? Come se noi scegliessimo il chirurgo che ci deve operare in base alla sua onestà: ok lo voglio onesto (questo dovrebbe essere un default per chiunque) ma… avrà la mano ferma? Sarà abbastanza esperto? Quante persone ha già operato? Quanti ne ha salvati? Quanti non gli sono morti sotto i ferri?

    In questa società che risente molto dell’immagine, più sei conosciuto e bello più hai opportunità di essere votato perché memorizzato, perché “esisti” come immagine sui media, al di là del tuo operato. La scelta, allora, avviene in base al viso, se è simpatico o antipatico, o a come si presenta, se se strilla di più o di meno…

    Credo che l’onestà, la coerenza dimostrata nel proprio lavoro e nella propria vita, essere indipendenti economicamente dalla propria carica, avere una testa propria e non rispondere ai diktat di altri, sono requisiti importanti per chi rappresenta una comunità, probabilmente imprescindibili.

    Sono i requisiti base, ma non sono sufficienti, non sono gli unici.

    Ad un politico che rappresenta una collettività deve essere richiesto molto, molto di più: è come metterlo alla guida di un aereo con a bordo tante, tante persone.
    Bisogna conoscere il funzionamento della macchina che si guida altrimenti non si va da nessuna parte: il funzionamento riguarda gli atti amministrativi, la gestione dei servizi, del personale, dei dirigenti, i rapporti con gli altri enti… I tempi di attuazione dei progetti e dei diversi procedimenti amministrativi, ad esempio, impongono una memoria storica senza la quale spesso si rischia di prendere decisioni dannose: l’inizio dell’iter del project financing del cimitero, risale al 2006, e le decisioni prese oggi necessitano di scavare indietro nel tempo o oggi si rischia di fare scelte sbagliate.
    Gli stessi piani particolareggiati risalgono come inizio iter, alla fine anni ’80, inizio anni ’90
    È esattamente come quando vai dal dottore e lui ti chiede dello stato di salute dei tuoi genitori o dei tuoi nonni.

    Un altro elemento importante che si aggiunge all’onestà, alla trasparenza e alla conoscenza degli strumenti amministrativi, nonché alla memoria storica, è la capacità di sapersi relazionare politicamente e di mantenere coesa una compagine politica.

    I sindaci non cadono per mano delle opposizioni, bensì per mano di membri interni alla maggioranza che fanno mancare il sostegno necessario. Se una compagine politica di maggioranza si è formata in base a interessi di categorie o interessi personali intrecciati tra di loro, prima o poi crolla perché non ha come priorità il bene collettivo bensì l’interesse dei singoli esponenti, e ne abbiamo esempi eclatanti nel nostro piccolo territorio pontino.

    Il nostro rappresentante, quello che scegliamo, è capace di saper sempre anteporre il bene comune ai propri interessi insieme al proprio gruppo? È capace di armonizzare il proprio lavoro con quello del suo gruppo?

    Perché, un’altra cosa che ho imparato, è che la politica non si fa da soli. Un singolo consigliere può sbraitare, può proporre mozioni meravigliose, ma ha bisogno del voto degli altri per poterle realizzare, almeno del suo gruppo.
    E forse non basta neanche questo: mozioni votate all’unanimità da tutto il consiglio non sono state mai realizzate, messe in atto. (guarda Al Karama, le Consulte della Scuola e dell’Infanzia, istituite e mai costituite, e molte altre…).

    Ai nostri politici, a quelli che ci rappresenteranno dobbiamo chiedere molto, molto di più:

    • onestà, coerenza, trasparenza.
    • saper lavorare in gruppo e collaborare.
    • conoscenza del mondo politico-amministrativo e dei suoi strumenti.

    E poi, facciamoci una domanda: al di là di quanto a me possa piacere, è la persona che ci vuole per la mia città?

Un Partito più Democratico e più coraggioso.

imageMi ritrovo a leggere di tanto in tanto comunicati o interviste fatte ai nostri più alti rappresentanti del Partito Democratico locale.

Mi ostino a pensare che la politica è una cosa diversa, è qualcosa che si fa insieme, è qualcosa che non nasce dalla bocca del maggior esponente ma si amalgama con ciò che la base di un partito rappresenta e vuole.

Mi ostino a pensare, e i fatti mi danno ragione dimostrando che sempre più persone ne sono attratte, che la politica deve riappropriarsi degli spazi comuni dove prendere decisioni collettive con percorsi di grande trasparenza.

A Latina siamo chiamati ad un percorso che può essere frustrante o appassionante: la corsa per le amministrative della nostra città.

Sarà frustrante se le decisioni non le prendiamo insieme. Anticipare linee, indirizzi, senza averli discussi o concordati prima con tutto il corpo, con tutto il motore del nostro partito mi sembra appropriarsi di una prerogativa che non si ha, soprattutto per gli effetti che questo tipo di mosse producono: anticipare o suggerire soluzioni alla stampa significa sondare in modo sottile il terreno esterno al partito e significa dare “messaggi chiari” per l’interno del partito.

Sono metodi che non lasciano il dovuto spazio, nei dovuti tempi, alla elaborazione comune. È frustrante doversi esprimere su una posizione già annunciata, già pubblicata, già palesata all’esterno.

Diverso sarebbe elaborarla insieme.
E qui sta la parte appassionante.

Il nostro percorso sarà un percorso appassionante se ognuno di noi ritroverà un pezzetto di se stesso, ovvero un pezzetto del proprio contributo all’interno della decisione finale.
Sarà appassionante se ognuno di noi saprà contribuire alla definizione dell’identikit del nostro candidato a sindaco: una definizione che deve ben bilanciare le richieste di chi ci voterà con le esigenze amministrative della nostra città e con la capacità di gestire una maggioranza, magari variegata, ma di cui è importante conoscere la storia e le vicende pregresse.

E la scelta della squadra che offriremo ai cittadini di Latina in quanto elettori, dovrà essere anch’essa espressione di un grande partito, di un partito che sa interpretare le esigenze più immediate ma anche le esigenze più profonde di una comunità stanca di interessi particolari che inquinano e mortificano il bene comune.

Un grande partito, come il Partito Democratico, ha al proprio interno diverse persone, tutte portatrici, chi in misura maggiore chi in misura minore, delle caratteristiche che abbiamo in mente per il prossimo sindaco di Latina.

Si tratta solo di iniziare un percorso trasparente, di grande confronto, schietto, di onestà intellettuale, scevro da patti e accordi tra singoli stretti nel passato, che guarda invece al futuro e che soprattutto ha il coraggio di investire nella collegialità.

Questo percorso, che ritroviamo esplicito e inconfutabile nel nostro nome, sarà l’unico in grado di suscitare la passione che serve per vincere e la forza per governare.

 

SCUOLE: il pressing ha funzionato.

Giovedi 2 aprile si è tenuta la commissione Lavori Pubblici del Comune di Latina e abbiamo ottenuto un doppio risultato a favore dell’edilizia scolastica, che è stata argomento di discussione durante la seduta e tema sul quale ci siao da sempre battuti.
Finalmente, dopo aver sottovalutato se non ignorato per quattro anni il settore dell’edilizia scolastica, la maggioranza si è decisa ad aprire gli occhi, facendo una proposta praticabile: utilizzare le economie dei ribassi, mettendo quelle somme a disposizione del settore scuola, per essere quindi usate a favore dei lavori di messa in sicurezza e di manutenzione dei plessi della città.

Proprio sulla realizzazione dei progetti esecutivi arriva l’altro importante risultato del Partito Democratico: del milione e 700mila euro ottenuto come finanziamento triennale dalla Regione Lazio per l’edilizia scolastica, i primi 80mila euro andranno proprio per i progetti esecutivi, necessari per eseguire i lavori in alcune scuole. “Vigileremo affinché venga data la priorità alle situazioni gravi ed agli interventi davvero urgenti, perché la scuola non deve essere uno strumento per attrarre il consenso degli elettori”.

Su questo aspetto interviene la consigliera Nicoletta Zuliani, che sottolinea: “Bisogna introdurre un criterio che vada a far pesare, nella scala di priorità degli interventi da parte del Comune, la gravità e l’urgenza. Oggi con la legge 10, la Bucalossi, che destina i proventi delle alienazioni e delle concessioni edilizie, ottiene i fondi chi prima impegna le somme, senza altri criteri. O a volte facendo valere le forze politiche vicine. Questo non dovrà più accadere”.

L’altro aspetto riguarda la previsione demografica della città: “Finora non è stata fatta una previsione di utenti per le scuole materne e le scuole elementari. Il settore urbanistica costruisce nei borghi, ma le scuole saranno adeguate al certo aumento di alunni? Se non si lavora in termini di proiezione demografica nelle varie zone della città, non saremo neanche in grado di prevedere dove siano necessarie scuole o l’aggiunta di sezioni: potremmo trovarci, quindi, con scuole vuote in alcuni quartieri, ma con altri plessi incapaci di rispondere alla domanda in altre zone. Fino ad oggi, sin dall’inizio della consiliatura, i diversi settori continuano a viaggiare su binari diversi, mentre ciò che serve è un lavoro di collaborazione e coordinato”.

“L’amministrazione del sindaco Giovanni Di Giorgi ha in questi quattro anni diminuito le risorse economiche e il personale al punto da non riuscire a risolvere nemmeno delle semplici urgenze. L’ultimo esempio è legato all’Istituto Giovanni Cena – commenta il capogruppo in consiglio comunale Alessandro Cozzolino – per il quale ad oggi non sono stati ancora effettuati i lavori alla caldaia, che da tempo vengono richiesti dal personale scolastico e dalle famiglie dei ragazzi. Fortuna vuole che finalmente sia arrivata la primavera e che, con essa, anche una temperatura che permette di procrastinare l’intervento”.

Fino ad oggi, il Comune di Latina, ha beneficiato di pochissimi fondi per l’edilizia scolastica: questo perché, in mancanza dei progetti esecutivi, nelle graduatorie otteneva sempre il punteggio minimo. “Lo hanno confermato lo stesso dirigente comunale, ing. Lorenzo Le Donne, ed il funzionario del settore scuola, che oggi erano presenti in commissione – afferma Omar Sarubbo – Hanno ribadito davanti ai commissari ciò che noi del Partito Democratico avevamo già detto: mancano i progetti esecutivi delle scuole e, in assenza di questi, il punteggio per qualunque bando ad oggi risulta fortemente ridotto e preclude ogni possibilità di ottenere i finanziamenti. È necessario quindi dotarsi di un parco progetti per essere in grado di poter rispondere in maniera immediata ed efficace a tutti i bandi, che sono ormai l’unica fonte di finanziamento per gli enti locali”.

Spariti gli emendamenti al bilancio proposti dal PD: wifi alle scuole e barriere architettoniche

gruppoPDDi fatto sono stati sottratti alla città €50mila per il wi-fi nelle scuole e università e altri 50mila euro per l’abbattimento delle barriere architettoniche nella città. Senza dimenticare la sparizione di 35mila euro dal bilancio per installare la videosorveglianza nei borghi Nord denunciata da Omar Sarubbo qualche giorno fa.
€135mila in tutto. L’amministrazione Di Giorgi spieghi dove sono finiti.

Sono questi i tre emendamenti del Partito Democratico di Latina che avevano trovato accoglimento da parte dell’intera assise e che avevano ricevuto un voto favorevole unanime in Consiglio Comunale.
Sono anche però questi i tre emendamenti, con i relativi fondi a loro sostegno, che non si sa che fine abbiano fatto.

È proprio questo il nodo della questione che intendono affrontare, in tutte le sedi, il consiglieri del Pd e la vice presidente del consiglio comunale Nicoletta Zuliani che sottolinea:”Si inaugura così una irritualità pericolosa attraverso questa prassi. Quelle somme erano state previste per la realizzazione dei progetti deliberati da tutto il Consiglio. Che fine hanno fatto i fondi che il Consiglio aveva deciso di stanziare? €135mila sono tantissimi, non può esserci un ‘buco’ così grande nelle casse del Comune, né tantomeno gli uffici possono aver ignorato un atto di indirizzo varato dall’organo rappresentativo del Comune. Oppure sta succedendo qualcosa di molto grave: l’amministrazione del sindaco Giovanni Di Giorgi potrebbe avere arbitrariamente stabilito che quei soldi vadano indirizzati altrove. In questo caso, ci troveremmo davanti a un vero e proprio atteggiamento antidemocratico, oltre che ad una gravissima inadempienza. Ne andrebbe della credibilità dell’Ente davanti a tutta la città, ed il potere del Consiglio Comunale, che è l’organo di massima rappresentanza del Comune, ne uscirebbe svilito e mutilato.

È per questo motivo che chiediamo formalmente al sindaco Di Giorgi di rispondere con urgenza a queste nostre domande, soprattutto considerando che non è la prima volta che mozioni, ordini del giorno e indirizzi precisi vengono ignorati in dispregio alla sovranità democratica delle Istituzioni.

PRIVERNO CADE: PD affetto da malattia autoimmune

CASO PRIVERNO.
Credo che nulla possa giustificare la fine di un’esperienza di governo diventata un simbolo per tutti i comuni lepini e della provincia. Rappresentava una bella novità con le donne e i giovani che PD e SEL avevano saputo offrire e che i cittadini avevano scelto.
Quando viene scelto il “nuovo”, pieno di inesperienza ma carico di energia e di generosità, i politici di lungo corso usano tutte le armi e le strategie di cui si sono capaci per mettere in difficoltà chi ha conquistato il potere, probabilmente per riprenderselo.
In un’esperienza di “nuovo governo”, come si stava facendo a Priverno, ci si aspettava che questa avesse avuto il sostegno in primis dal partito che era parte integrante di quella maggioranza: il PD.
E invece ci ritroviamo ad assistere impotenti alla disfatta di una maggioranza, o peggio ad un vero e proprio fratricidio.
È incomprensibile ai più che guardano attoniti, la sindrome da cannibalismo che questo partito riesce ad esprimere ogniqualvolta vince un’eleziome, come se non volesse vincere davvero e, qualora capitasse, anticorpi interni non riconoscessero lo status di vittoria e distruggessero il lavoro fatto minando continuamente il terreno in cui si cerca di lavorare.
Questo i più davvero non lo comprendono.
Eppure siamo in tanti a credere e a lavorare per un partito che sia coerente con il suo nome e con ciò che stabilisce nel proprio statuto nonostante la deriva personalistica capace di distruggere tutto e infangare chiunque.
Ma io ho una speranza.
Non siamo in pochi a volere un PD vero, scevro da interessi particolari, capace di conquistare fiducia e consenso attraverso la forza delle sue idee e della coerenza di chi le promuove, innamorato delle proprie comunità tanto da mettere da parte di volta in volta le “legittime aspirazioni personali” ora dell’uno ora dell’altro per privilegiare quello che è bene per la maggor parte.
Come ha fatto la Presidente del PD del Trentino, Lucia Fronza, che con il suo esempio interpella ognuno di noi a riappropriarsi del coraggio di chi mette al primo posto la collettività.
Non solo ammirare, ma imitare e moltiplicare azioni che forse costano, ma producono nutrimento per la VERA Politica.

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