Le vicende della chiusura di Panorama con tutte le conseguenze sul sistema Latina Fiori, della crisi – speriamo momentanea – del Centro Morbella, lo sfruttamento di lavoratori immigrati sul nostro territorio ridotti a schiavitù, la crisi della pandemia che ha avuto gli effetti devastanti sui precari, sugli stagionali soprattutto donne, devono farci chiedere in tutto questo se il lavoro per noi ha un valore o se è considerato solo un costo. Lavoro che determina la vita o l’agonia della cellula fondamentale su cui è strutturata la nostra società: la FAMIGLIA.
Il tipo di approccio determina la direzione di scelte concrete e di effetti su tutta una comunità.
Se scegliamo di abbinare la parola COSTO alla parola lavoro, l’attenzione è tutta rivolta all’azienda, al raggiungimento dell’obiettivo di chi dà lavoro, che si muove tra calcoli di costi e benefici dell’azienda, risparmi e investimenti, puntando a margini di profitto attraverso trattative che non hanno interessi legati al luogo e alla comunità su cui insistono, o allo sviluppo di un territorio.
Un’azienda che chiude, che delocalizza o che non sceglie il nostro territorio a vantaggio di un altro è un tema che deve riguardarci come politici e non può essere relegato ad altri livelli di competenza.
Se la politica non conta niente nelle scelte di un gruppo PAM, se non riesce a rendere appetibile un territorio per investimenti da parte di imprenditori, se non si pone efficacemente a difesa dei propri cittadini per tutelare il loro diritto alla vita lavorativa, allora ha fallito la prova più importante del proprio esistere.
Durante la pandemia abbiamo invece assaporato il VALORE di lavori come i trasportatori, le cassiere, i lavoratori dei campi, gli addetti alle pulizie, gli infermieri, i medici… perché se in tempi normali erano invisibili e surclassati da altri lavoratori del mondo dello sport o dell’intrattenimento, durante il lockdown balzava agli occhi di tutti il VALORE del loro lavoro, senza il quale la sopravvivenza di un intero paese veniva messa in pericolo: li abbiamo chiamati eroi, li abbiamo ringraziati su FB, abbiamo cominciato a pensare che la loro retribuzione doveva in qualche modo equiparare il valore intrinseco della loro attività perché ne veniva riconosciuta l’essenzialità, anzi, l’essenza.
Si dice che un sindaco non può nulla nei confronti delle questioni che riguardano il lavoro o delle scelte che riguardano gli imprenditori presenti sul proprio territorio.
Non credo sia così.
Pensiamo ad esempio alle politiche urbanistico-abitative e alla gestione del costruito: sono un fattore importantissimo.
Dove vivono i lavoratori della terra, gli immigrati che raccolgono frutta e verdura che arriva nei nostri supermercati a prezzi sempre più bassi?
Interessa o non interessa se la promiscuità abitativa in un era pandemica possa avere conseguenze su tutta una città?
Quali politiche abitative sono messe in campo per riconoscere il valore di chi vive in condizioni lavorative precarie ed ha famiglia?
Il precariato del mondo della sanità, della scuola, delle amministrazioni trovano ostacoli talvolta insormontabili per gli elevati costi degli affitti, la mancanza di collegamenti di trasporto pubblico, per una carenza di politiche abitative che tengano conto della diversificata domanda che oggi abbiamo: un lavoratore precario non può vivere in un albergo né può spendere la metà dello stipendio per un alloggio.
E si mortifica così il valore del lavoro.
E si mortifica così una famiglia.
Non esiste famiglia se non c’è lavoro.
L’organizzazione del territorio rende più o meno appetibile l’insediamento di imprese produttive: la celerità di risposte burocratico-amministrative, la certezza di un territorio ben pianificato e dai connotati definiti, un sistema giuridico che funziona, servizi indispensabili come il trasporto, sanità, qualità della vita, contribuiscono a restituire valore a chi lavora.
I piani di Edilizia Residenziale Pubblica sono fermi da tempo immemore; risultano elevate quote di appartamenti invenduti fuori della portata economica di chi ne ha bisogno, ed una lista infinita di famiglie e persone fragili che aspettano un alloggio popolare.
La sfida è quella di saper collaborare tra pubblico e privato, comune e imprenditori.
La politica con la responsabilità del suo ruolo di tutela dell’interesse pubblico con preferenza per i più fragili, e l’imprenditoria con il suo ruolo di soggetto fondamentale per lo sviluppo e la costruzione del bene comune, devono oggi essere più che mai alleati per dare al nostro territorio e a Latina la chance di un riscatto dal passato e dall’inerzia.
Riporto qui il mio intervento fatto oggi in Consiglio Comunale sulla questione VIDEO TRAP pro-Travali.
Dobbiamo chiederci cosa non ha funzionato?
Al termine 8 proposte concrete del PD, frutto di confronto con i cittadini del quartiere e con i giovani.
Non appena ho saputo della diffusione di questo video trap realizzato ragazzi del mio quartiere che conteneva un esplicito sostegno a malavitosi della nostra città ho pensato: ma questi ragazzi sono figli di questa comunità, figli di questo territorio!
E poi la domanda. Che cosa non ha funzionato? Perché si è generata questa devianza? Cosa ha permesso che si creasse questa aberrazione?
Mi sono fatta questa domanda perché io vivo nel quartiere del video, i miei figli sono cresciuti qui, gomito a gomito con quei ragazzi, hanno frequentato la stessa scuola, hanno giocato insieme a pallone, hanno fatto catechismo insieme…
Quando c’è qualcosa che non funziona, quando c’è qualcosa che non va non bisogna tanto dirsi: “io ho fatto il mio dovere, non può essere dipeso da me“.
Una riflessione va fatta e non può coinvolgere solo il singolo individuo.
Prendiamo il nostro quartiere come esempio di una periferia come tante.
Siamo oltre 20.000 abitanti, lontani dagli uffici, distanti dal centro… Fino ad alcuni anni fa Q4-Q5 era considerato un “quartiere dormitorio“ per la mancanza di servizi. Poi ha cominciato a comparire l’ufficio postale, sportelli bancari, farmacie, il collegamento viario con viale Le Corbusier oltre la ss148.
Avevamo anche la sede della polizia municipale e il 118.
Ora non più.
Abbiamo un meraviglioso polmone verde, l’Oasi verde Susetta Guerrini frequentata anche da chi non vive in questo quartiere.
Nel quartiere sono presenti alcuni lotti di case popolari che ospitano tante persone e famiglie dignitose, ma alcune con enormi difficoltà socio economiche, situazioni che hanno costituito humus per il messaggio del video che inneggia alla malavita e la prende come modello.
Persone con le quali condividiamo la scuola dei figli, i negozi, le strade, il verde, il condominio…
Torno alla mia domanda iniziale: cosa non ha funzionato?
Guardo alla presenza importantissima della SCUOLA come come importante e fondamentale presidio educativo.
Credo, come tanti, nella scuola pubblica e credo che la convivenza di bambini provenienti da diverse condizioni economiche, culturali e sociali sia un diritto di ogni individuo, una opportunità educativa ed una ricchezza umana.
La fortuna di avere un luogo dove bambini, le loro famiglie e genitori, nonni di diverse estrazioni sociali condividono una quotidianità è una cosa preziosa perché lì la comunità può e deve far sentire il suo peso e il suo sostegno. È un importante elemento che può assorbire, attutire situazioni di tensione e neutralizzarle (penso ad esempio alla difficoltà che certe famiglie hanno sempre avuto nel far partecipare i figli a gite scolastiche o ad attività pomeridiane che richiedevano magari un costo: in queste occasioni le famiglie della classe non di rado hanno attivato un fondo cassa per poter consentire a tutti di poter partecipare, o per i buoni mensa…)
La scuola è, per la sua funzione educativa, un presidio di opportunità di crescita per tutti.
La scuola è anche un presidio di controllo e di monitoraggio rispetto ai segnali deboli o meno deboli che evidenziano malesseri che vanno subito valutati e attenzionati e che devono far mettere subito in moto la rete istituzionale a servizio delle fragilità.
La scuola è il luogo dove si formano i piccoli cittadini ad una vita socialmente corretta, consapevole e proattiva; si formano le donne e gli uomini di domani.
E allora ripeto la mia domanda: cosa non ha funzionato?
La domanda dobbiamo farcela anche come COMUNITÀ del quartiere.
Lo abbiamo fatto quando ci siamo incontrati con una quarantina di persone del quartiere per riflettere su cosa abbia generato una devianza così profonda.
Ci sono grossi vuoti.
I palazzoni sono un madornale errore sociale. L’idea di creare una struttura di case popolari così grande, ha creato un ghetto dove l’assenza delle istituzioni e la presenza di queste “forze nutrite dall’illegalità” hanno deteriorato l’ambiente.
Il guaio è che queste “forze” stanno sempre piu’ avvicinando ed “arruolando” i figli di famiglie normalissime che mai si sarebbero sognate di avere i propri figli tra le fila di questo gruppo ma che, a causa del nulla che c’è nel quartiere, li vedono entrare in contatto con queste presenze perché magari sono compagni di scuola. Ci vuole poco poi a “passare” il confine ed il gioco è fatto.
Un altro luogo di vuoto:
Il Centro Lestrella versa in una condizione di abbandono totale. E’ diventata, lo sappiamo tutti, una piazza di spaccio a cura delle giovanissime generazioni. Nel piano superiore del Centro Lestrella, sia l’area sopra il negozio di cineserie, per intenderci, che quello spora il bar “Paganini” ci sono tantissimi immobili liberi da anni, che giacciono nell’abbandono.
La Parrocchia San Luca, titolare di strutture sportive all’interno del quartiere manca di educatori, quelle figure di giovani adulti che animano le attività.
Le pochissime strutture sportive improvvisate esistenti (ai piedi dei palazzoni, in via Cherubini…) sono inutilizzate, non gestite da nessuno.
Non c’è una piazza in questo quartiere.
Non c’è un centro sociale.
Non c’è una di biblioteca.
Eppure siamo oltre 20mila abitanti, una città! Con tantissimi bambini, ragazzi e giovani.
C’è l’importante presenza della PARROCCHIA di San Luca.
Pensate che la Parrocchia di San Luca ha ogni anno oltre 500 bambini a catechismo.
500.
Pensate all’importanza di una rete relazionale come quella che si crea per l’organizzazione del ritiro di fine anno, per l’organizzazione della cerimonia della comunione, della cresima; ci sono gruppi scout, viene organizzata dalla parrocchia un’attività di sostegno per le fragilità scolastiche con lezioni e ripetizioni pomeridiane, c’è la Caritas con tutta la sua rete di sostegno alle povertà con aiuti concreti.
Ma anche qui un vuoto pericoloso: mancano educatori. Mancano quelle figure di giovani grandi che diventano i riferimenti, i modelli, quegli exemplum positivi di cui si è parlato.
Mancano.
Nell’assemblea di quartiere che abbiamo fatto un paio di settimane fa, ha partecipato una famiglia momentaneamente in Francia ad Aix-en-provence, stesse i di Latina.
Sapete quante piscine ci sono ad Aix-en-Provence? 20. Mi pare evidente che fino ad oggi, probabilmente, la programmazione e la pianificazione di un territorio hanno tenuto conto più dell’esigenza dei costruttori che delle esigenze dei cittadini che lo avrebbero abitato. Diversamente non si spiega la totale mancanza di strutture sportive, sociali, culturali…
Il vuoto creato da questa mancanza è stato riempito da chi svolge attività illecite.
La mancanza di luoghi che fanno vivere i valori dello sport, della solidarietà, della buona socialità, dell’arte, della cultura, della musica e che offrono modelli di riferimento positivi, la mancanza di tutto questo ha creato dei buchi neri che hanno risucchiato anche giovanissimi e li hanno affascinati con modelli che fanno capo ai clan mafiosi.
Guardate, qui non parlo evidentemente solo del quartiere Q4-Q5. Lo ripeto, è una fattispecie è una modello che ritroviamo in altri quartieri difficili della città.
È anche altrettanto evidente che le singole azioni delle singole parti, (e qui intendo individui di buona volontà che si attivano sul territorio, oppure la scuola che attiva alcuni percorsi al proprio interno, oppure la parrocchia, oppure i servizi sociali…) non possono garantire l’efficacia che vogliamo.
E qui ripeto la domanda che dobbiamo farci anche come AMMINISTRATORI e POLITICI di questa città. Cosa non ha funzionato?
Qui occorre attivarsi con una rete intelligente di attività coordinate.
È altrettanto evidente che non si possono calare dall’alto misure, soluzioni, che invece dobbiamo ricercare insieme a chi vive in quei territori.
Se qui vogliamo cambiare questa città dobbiamo per davvero attivare un percorso di partecipazione dei cittadini, dei ragazzi, una partecipazione organizzata, in grado di deliberare e di scegliere, e quindi correttamente informata, in grado di pesare nelle scelte dell’amministrazione.
Parlo di democrazia deliberativa, che non è una cosa che si può improvvisare.
Va strutturata, e va ben organizzata.
E va istituzionalizzata a partire da una delibera di indirizzo di questo Consiglio.
Intanto ci sono due livelli di intervento: prevenzione, e repressione.
È evidente che l’azione di repressione dei reati non sta a noi, e da questo punto di vista prefettura e questura ci garantiscono.
Come molti ragazzi mi hanno detto, è importante che si veda che chi prende una cattiva strada, chi commette dei reati, sia effettivamente punito e sanzionato.
Se passa il messaggio che si può oltrepassare il limite della legalità tanto non succede niente, anche tutto quello che è una comunità, tutto quello che la scuola e l’amministrazione comunale fa rischia di essere vanificato.
Quello che noi possiamo fare ovviamente tutto il resto che è tantissimo.
PROPOSTE:
Abbiamo approvato una mozione un paio di mesi fa sulla creazione di spazi studio su tutto il territorio comunale in tutti i quartieri: uno di questi spazi potrebbe essere, ad esempio, la biblioteca delle scuole sia degli istituti comprensivi che degli istituti di secondo grado.
Dobbiamo garantire una presenza, una visibilità dello Stato in tutti i quartieri: un ufficio comunale decentrato, un presidio delle forze dell’ordine, un ufficio della asl, un servizio pubblico… Dobbiamo “mettere la bandierina noi”, dobbiamo dire: qui ci siamo noi, qui c’è lo Stato.
C’è carenza di animatori nelle strutture come l’oratorio che, abbiamo visto, è un luogo fondamentale per la crescita e la socialità delle nuove generazioni: avviamo protocolli tra comune, parrocchie e servizio civile per dotare di animatori gli oratori.
Avviamo protocolli tra enti per poter utilizzare le strutture scolastiche di proprietà comunale e provinciale per realizzare quello che la legge 107 / 2015 prevede, ovvero l’apertura al territorio delle scuole. Questi importanti presidi di cultura e di legalità devono poter essere aperti al territorio oltre l’orario scolastico attraverso attività promosse dalle numerosissime associazioni culturali e di volontariato che sono presenti sul nostro territorio, associazioni troppo spesso e limitate nelle loro attività a causa della mancanza di strutture.
là dove sono presenti spazi commerciali inutilizzati, lasciati all’incuria e spesso utilizzati per lo spaccio, intervenire come comune e prendere in affitto quei locali, e darli alle associazioni a titolo gratuitoper due anni del quartiere per attività di musica, teatro, graffiti, arte…
affidare le strutture sportive esistenti non utilizzate a ASD per attivare immediatamente attività per il quartiere
PATTO X LATINA: destinare una quota parte annua del fondo del Patto per Latina a borse di studio per i meno abbienti per dare opportunità a chi non le avrebbe altrimenti
inserire nel Piano Triennale delle Opere Pubbliche strutture sportive e fare una programmazione a medio e lungo termine soprattutto sulle periferie
Potrebbe suonare come un atto di accusa, è invece la constatazione che la politica si è di fatto indebolita. E quando la politica si indebolisce, interessi particolari avanzano.
DISCARICHE e CICLO dei RIFIUTI I fatti che riguardano la delicata situazione del ciclo dei rifiuti nella provincia di Latina ci deve interrogare sulla qualità de nostro agire politico: perché i politici non scelgono e si demanda ai giudici?
La risposta sta nel fatto che il politico esiste in virtù di un consenso che, se viene meno, toglie al politico la facoltà di decidere. Ricordiamoci che i politici eletti agiscono in nome e per conto del popolo.
E su questioni spinose è facile ingenerare una “caccia al facile consenso” di chi cavalca le paure da parte di chi non ha responsabilità decisorie.
I COMITATI
Abbiamo visto cittadini attivi quando, organizzati in comitati, si sono fatti sentire in contrapposizione ad una scelta già presa o in vista di una scelta che li vedeva personalmente penalizzati.
Questo significa che è stato escluso il popolo dalla partecipazione a monte della scelta: la protesta si solleva quando si prende coscienza di un problema che ci tocca personalmente che ci motiva ad attivarci per tutelarci, visto che ci si sente “minacciati dalle Istituzioni”.
UN NUOVO SETTING L’emergenza ambientale impone un cambio di rotta immediato: la chiusura completa del ciclo dei rifiuti dentro i confini della provincia ha comportato fino ad oggi passaggi lunghi, articolati che hanno portato alla redazione di un piano regionale dei rifiuti partecipato dai vari Enti (comune e provincia).
Finanziamenti vincolati a precise finalità, direttive europee, codici, impiantistica, controlli, rischi di danni ambientali, produzione di energia rinnovabile, sono questioni che coinvolgeranno sempre di più i nostri territori, questioni estremamente complesse, che sembrano accettabili in termini teorici, belle quando le vediamo nei documentari ma… riguardano poi scelte che ricadono nel “nostro giardino”.
PARTECIPAZIONE vs. NIMBY Ed è proprio qui che nasce il problema: quando ci toccano il nostro giardino non ci capiamo più niente. Viene facile dire “no”, e se non abbiamo cognizione ciò di cui parliamo, abbiamo paura.
IL CONSENSO
Il consenso è la ragion d’essere della rappresentanza politica in una democrazia.
Non va raccolta la paura per rappresentarla: va fatto invece il percorso opposto.
Le persone hanno diritto ad essere informate per bene, non solo dagli organi di stampa che, fra l’altro, moltissimi ignorano.
È la politica che DEVE farsi carico di informare correttamente i cittadini.
Mi chiedo: quanti latinensi su 96.000 da 18-110 anni, erano a conoscenza della programmazione sovra territoriale che stava pianificando e rendendo obbligatoria la chiusura de ciclo dei rifiuti dentro la provincia?
È la politica che deve farsi carico di veicolare informazioni univoche e corrette che riguardano la vita dei cittadini su questioni oggetto di decisioni importanti.
Se oggi la politica è debole è perché ha perso questo contatto vitale con i cittadini, e lo dimostra l’attendismo sulla questione della chiusura del ciclo dei rifiuti con relative scelte demandate oggi ad un commissario ad acta.
Non c’è altra strada per ridare alla politica l’alta funzione di agire per nome e per conto del popolo: riconnettersi con i cittadini avviando un percorso di partecipazione deliberativa.
TAVOLO POLITICO-TECNICO
Si avvii subito questo processo di partecipazione deliberativa a partire da uno studio che faccia il punto sulla situazione e che coinvolga politici e tecnici del nostro territorio:
1) si raccolgano dati riguardo all’impiantistica presente e in itinere di autorizzazione
2) si mappi il territorio rispetto alla tipologia di aree, proprietà e loro destinazione d’uso…
3) si rediga un documento finale con le risultanze da fornire a enti sovraordinati e cittadinanza
PARTECIPAZIONE DELIBERATIVASuccessivamente, si parta con una reale strutturazione di una rete istituzionale con tutti i quartieri e borghi del nostro comune per avviare un vero processo di partecipazione deliberativa.
Le sfide che ci aspettano sono difficilissime e soltanto insieme come comunità possiamo vincerle.
Il PUA (consulta le tavole) è stato caricato di aspettative sbagliate. Si è parlato di “strumento che dava impulso alle attività economiche”, di “grande traguardo”, di “volano di sviluppo e di crescita” per la marina, e con tutto questo si è fatto credere che potesse essere lo strumento per sciogliere i molti nodi tra cui la difficile questione delle concessioni agli operatori balneari.
Niente di tutto questo.
Il PUA non ha nessuna competenza sulle concessioni, sulla pianificazione del territorio, sulla strutturazione della ricettività turistica, sulla viabilità.
Il PUA (Piano dell’Utilizzo dell’Arenile) localizza le attività che possono essere svolte sul nostro litorale.
La consigliera Ciolfi (Consigliera con Mandato alla Marina) ho svolto un lavoro molto accurato, tenace e appassionato: ha saputo dare un posto “ufficiale” alle tante attività sportive e non, che già si svolgevano sul nostro litorale: kitesurf, vela, beach-volley, alaggio pubblico per diportisti, una “bau beach”…
Altri requisiti inseriti nel nostro PUA sono quelli che la Regione impone sul proprio territorio: almeno il 50% riservato alla spiaggia libera (secondi in Italia dopo la Sardegna); frequentissimi punti di accesso; libera visuale sul mare.
I nodi veri, quelli che non permettono il vero sviluppo e che solo la politica con una chiara visione può sciogliere, sono altri.
L’ARENILE
Se l’arenile non viene difeso con opere di ripascimento serio che contrastino l’erosione, tra pochi anni non avremo più un arenile da utilizzare. Sono ben tre i progetti di ripascimento già finanziati con oltre €6ML in tutto, che ancora sono fermi nel cassetto di questa amministrazione. Un vero danno alla natura e alla collettività.
LA CITTÀ sul MARE
La pianificazione urbanistica del Lido risalente al 1978 parla di una miniera di cubature sulla marina di cui oggi è stato realizzato solo un ventesimo, ovvero il 5%. LBC lo sa? Che ne pensa? Che progetto ha? Lo vuole realizzarla? Come? Fino ad oggi non se n’è mai sentito neanche parlare.
TERME
Questa amministrazione ha approvato all’unanimità una mozione che intendeva sbloccare la questione delle Terme di Fogliano da tutti considerate come il vero volano di sviluppo della marina: si vuole realizzare questo progetto o no? LBC è tornata sui suoi passi? Qual è la progettualità rispetto a quest’area? Anche qui è calato il silenzio.
LE CONCESSIONI
Le concessioni demaniali agli operatori balneari sono in mezzo al guado di una normativa confliggente a diversi livelli: direttive europee, legge nazionale e legge regionale. Sentenze tra loro contraddittorie certificano la necessità di intervenire a livello legislativo. Nel frattempo si vedono anche restringere le spiagge…
Questa amministrazione passerà, e i nodi dovranno scioglierli i posteri.
Dal mese di maggio ho ripetutamente chiesto in ogni commissione trasporti di affrontare il nodo della ripresa della scuola. Ne abbiamo cominciato a parlare soltanto a fine agosto ed il risultato è quello che oggi abbiamo sotto gli occhi: il 35% delle flotta della CSC non è utilizzabile perché non ha i requisiti per poter ottemperare alle prescrizioni antiCovid, taglio drastico delle corse da e per Latina Scalo.
La rimodulazione delle corse non è sufficiente e non è sostenibile: gli autobus dell’ingresso e dell’uscita dalla scuola ridotti nella frequenza penalizzano i ragazzi delle zone Q4-Q5 che devono raggiungere il Majorana e l’Einaudi.
Ma la situazione più critica è quella che riguarda Latina Scalo: lavoratori che devono raggiungere Latina, molti del mondo della scuola che utilizzano i treni, sono costretti o a rischiare di ammalarsi perché quei pochi autobus che sono rimasti a fare da navetta dalla stazione a Latina sono pieni come scarole di sardine, e i ragazzi non indossano le mascherine.
Chi controlla?
Chi viaggia in queste condizioni è costretto a scegliere tra 3 opzioni: rischiare di prendere il COVID, pagare ogni giorno il taxi per andare sul posto di lavoro, oppure rinunciare ad andare a lavorare.
La mancanza di risposta a questo problema ci porterà, da lunedì 28 settembre, ad avere un problema ancora più grande visto che le scuole entreranno a regime con tutte le classi proprio da quel da quel giorno.
Questa mancanza è tanto più inaccettabile quanto più ricordo di essere stata costantemente ignorata quando in commissione ribadivo l’urgenza di affrontare questo tema.
Perché il Comune non ha fatto convenzioni con i tassisti, con i NCC (noleggio auto con conducente)?
Perché siamo oggi ridotti a dover rinunciare al 35% della flotta CSC quando invece abbiamo bisogno di più corse e di più mezzi?
È vero che il COVID si è abbattuto su tutti noi, ma sono stati stanziati €500ML per il mancato introito ed il trasporto è un servizio pubblico essenziale, essenziale ai lavoratori che hanno un lavoro, ed essenziale agli studenti che devono riprendere ad andare a scuola in tutta sicurezza
Essere riusciti nel difficilissimo compito di aprire le scuole in sicurezza ma non aver garantito il trasporto con altrettanta sicurezza ed efficienza, rischia di mandare all’aria tutto e di farci tornare nell’incubo del lockdown.
Buone notizie per i comuni che vogliono contrastare il gioco d’azzardo patologico ed ho presentato una mozione per attivare immediatamente l’iter per modificare il nostro Regolamento ed inserire la riduzione di orario per slot e VTL.
La sentenza del Consiglio di Stato del 26 agosto 2020 si esprime in senso nettamente contrario al TAR che aveva annullato un’ordinanza del Comune di Guidonia Montecelio che riduceva gli “orari di funzionamento degli apparecchi di intrattenimento e svago con vincita in denaro installati nelle sale gioco e nelle altre tipologie di esercizi (bar, tabaccherie, eccetera…).“
Questa sentenza del Tar ci frenò come ente, nell’inserire nel regolamento sulle ludopatie approvato nel 2018 di ridurre degli orari, soprattutto quelli a ridosso del pranzo e della cena o della chiusura delle scuole. Non è raro, infatti, che soggetti dipendenti da gioco d’azzardo dimentichino di assolvere alle più semplici funzioni di cura e di accudimento sia di se stessi che dei loro famigliari.
I giudici del Consiglio di Stato accolgono invece il ricorso del Comune e di Guidonia ed evidenziano che la decisione della Conferenza Unificata (quella che ostacolava questa libertà degli Enti Locali) “non è mai stata recepita con decreto ministeriale e quindi non presenta alcun vincolo per l’Ente,” non potendo riconoscere al documento alcuna efficacia cogente.
Il fatto poi che il Comune di Guidonia aveva in maniera inequivocabile evidenziato l’aumento del numero di pazienti affetti da GAP (Gioco Azzardo Patologico) trattati nel territorio comunale e regionale nel corso degli anni non può, secondo il Consiglio di Stato essere considerato un dato inifluente. Gli interessi economici degli imprenditori del settore, secondo il Consiglio di Stato, devono essere contemperate in modo ragionevole all’interesse pubblico che deve pensare alla prevenzione e al contrasto dei fenomeni di patologia sociale connessi al gioco compulsivo essendo palese che l’accesso al gioco illimitato e incontrollato aumenta il rischio di diffusione di fenomeni di dipendenza con conseguenze sia sulla vita personale e familiare dei cittadini con costi altissimi a carico del servizio sanitario e dei servizi sociali.
Peraltro è la stessa Corte di Giustizia dell’Unione Europea ad affermare che nel settore dell’esercizio dell’attività imprenditoriale del gioco lecito, le esigenze di tutela della salute vengono ritenute del tutto prevalenti rispetto a quelle economiche.
Come elemento finale viene richiamata la Corte Costituzionale che afferma che il “diritto incomprimibile” non è l’interesse economico alla riscossione dei proventi del gioco, bensì quello del danno alla salute dei cittadini perché incide maggiormente sull’equilibrio di bilancio con il costo che ne deriva a carico della collettività.
Ora possiamo finalmente dare via libera alla modifica del Regolamento in ordine alla riduzione oraria senza paura di ricorsi o contenziosi.
Questa mattina i dipendenti della CSC erano sotto al Comune per protestare: evidentemente cominciano ad emergere criticità con il gestore del TPL di Latina.
È importante verificare che quanto scritto nel capitolato venga scrupolosamente realizzato e questo è certamente compito del Comune. Ma cosa non va?Utilizzando la linea che dalla Q5 porta al centro di Latina, ho potuto constatare diversi di problemi che riporto in foto e video qui di seguito:
ancora si trovano i cassonetti dell’immondizia davanti le fermate dei pullman: come fa a scendere un diversamente abile con la sua carrozzina? Gli autisti mi dicono che è impossibile farli scendere perché l’autobus deve fermarsi proprio a filo marciapiede per poter azionare la pedana. Quindi, niente servizio per i diversamente abili.
Troppo spesso molti autisti arbitrariamente modificano i percorsi evitando di entrare nel centro di Latina perché quasi sempre si trovano auto parcheggiate in seconda fila che non permettono il passaggio degli autobus.
Si trovano continuamente auto parcheggiate nella pista ciclabile che restringono l’area mi manovra degli autobusil taglio economico nella contrattazione di secondo livello con i lavoratori impone tempi lavorativi più brevi ed ecco il perché spesso diverse corse vengono soppresse, addirittura tre in una giornata per i quartieri Q4e Q5.
Troppo spesso gli studenti mi comunicano che alle 13:30 dalle autolinee parte un pullman piccolo per i quartieri Q4 e Q5: la corsa successiva invece avviene con un pullman grande ed è evidente che il primo pulmino è sovraccarico e al limite della sicurezza mentre il secondo è quasi vuoto: perché?
I tempi di percorrenza ancora non sono stati modificati: è possibile che ancora oggi si usino i tempi di percorrenza risalenti al 2007?
Paline elettroniche, infopoint, biglietteria elettronica e numero verde ancora non esistono. Siamo quasi ad un anno dall’inizio del servizio e la parte più innovativa non è attuata. Chi controlla che il servizio che paghiamo sia effettivamente erogato?
Ho chiesto alla presidente della Commissione Trasparenza Matilde Celentano di convocare subito una commissione congiunta trasparenza/trasporti per verificare che il Comune e non si lavi le mani una volta affidato il servizio, ma che vigili perché i cittadini ricevano quanto è loro diritto.
La sentenza del Consiglio di Stato si è espressa: rispetto al ricorso della Devizia, società che si è vista annullare la gara dei rifiuti di Latina, il Comune di Latina ha saltato un passaggio dell’iter ed ha proseguito illegittimamente giungendo poi alla costituzione dell’ABC.
Dobbiamo aggiungere che la sentenza si è espressa in modo alquanto sibillino, ma certamente non in favore della posizione del Comune di Latina.
Quest’azienda speciale rappresenta politicamente moltissimo per l’amministrazione Coletta: invece di optare per una grande opera visibile di tipo strutturale, il sindaco civico ha scelto di far diventare il Comune di Latina imprenditore di se stesso intraprendendo una strada difficilissima, e non solo per le norme che cercano di tutelare i cittadini vietando ai comuni di costituire società/imprese laddove hanno già fallito (la legge Madia, infatti, impedisce ai comuni come il nostro che hanno visto una partecipata fallire, di tentare prima dei cinque anni, una nuova impresa similare), ma anche per l’enorme dispendio di risorse umane e lavoro che di fatto sono state tolte ad altri settori per convergere tutto in organizzazione e controllo di ABC.
Se la scommessa viene vinta, Coletta si intesta una vittoria politicamente importante; se perde paghiamo tutti noi.
E la comunità non doveva essere sottoposta questo rischio.
Ne varrà la pena?
Il PD non è mai entrato nel merito della bontà dell’azienda speciale in sé: carenza cronica di personale, i numerosi contenziosi e questioni aperte (Metro, Cimitero, impianti sportivi, scuole, edifici pubblici, strade ecc…) facevano orientare le energie sui problemi da risolvere.
Coletta ha puntato tutto su ABC e i ritardi su tutti gli altri fronti sono sotto gli occhi di tutti.
Fino ad oggi la scelta è una scelta sbagliata.
Il servizio di raccolta dei rifiuti è migliorato?
Certamente no se guardiamo alle percentuali di raccolta differenziata.
A questo punto della consiliatura, se avessimo affidato il servizio al vincitore della gara, avremmo potuto avere un’azienda nel pieno delle sue funzioni da oltre un anno, con macchinari nuovi e percentuali di raccolta sicuramente più alte di quelle di oggi…
Oggi invece stiamo ancora cercando di capire dove andare a prendere i soldi per l’investimento iniziale per i macchinari, se e quando avremo il mutuo, come rettificare l’iter procedurale che che il Consiglio di Stato ha censurato, se dobbiamo investire o meno anche sull’impiantistica, se avremo una raccolta differenziata come stimato dall’assessore LESSIO oppure come stimato da ABC… Eh sì, perché anche qui non c’è una versione univoca: ABC dice 27% e il Comune dice 31%.
I cittadini hanno bisogno di poche cose chiare e certe, invece qui emerge una grande complessità gestita in modo goffo e incauto i cui danni saranno visibili solo domani.
La sentenza fa emergere vizi di legittimità nell’iter.
Chi è a salvaguardia della legittimità degli atti di un ente? Ripetutamente abbiamo richiesto alla segretaria generale di certificare la legittimità dell’iter procedurale, e proprio in commissione trasparenza da me presieduta ha dichiarato che lo erano. Noi siamo rimasti della nostra idea e la forzatura che LBC ha voluto fare è stata, evidentemente, eccessiva.
Fra due anni finisce la consiliatura e si ritornerà al voto: quale percentuale avremo per quel momento?
Oggi è al 24% e l’assessore LESSIO aveva stimato per la fine del 2018 una percentuale del 40%.
Si ostenta sicurezza in Comune, ma in realtà la sorte dell’Amministrazione Coletta è appesa a un filo: la sentenza del Consiglio di Stato in merito all’annullamento della gara dei rifiuti. Il Consiglio di Stato si è espresso il 21 febbraio ma la sentenza sarà nota entro il 21 marzo.
Coletta e LBC hanno puntato tutto, come in una giocata, sulla riuscita del loro progetto di “cambiare tutto”, e sono partiti dai rifiuti.
Appena eletti, hanno prima sospeso, poi annullato la gara fatta dal commissario che era arrivata al momento dell’apertura delle buste con le offerte. “STOP! Sceglie LBC. Si fa l’Azienda Speciale!”
Certamente un ente può scegliere di farlo, ma deve dimostrare la convenienza per la collettività, se vuole evitare la gara pubblica.
Alla domanda se questa scelta fosse conveniente rispetto ad un affidamento esterno ha risposto la relazione ex art.34, quella redatta dal prof. Lucarelli della Federico II di Napoli, (costata €47mila) a base di tutti i documenti preparatori di ABC.
Peccato che quanto scritto non si è verificato, come ad esempio l’investimento in nuovi ed efficienti mezzi, il porta a porta, percentuali alte di differenziata…
E, se le bollette di fatto non sono aumentate (questo assessori e ellebiccini ci tengono tanto a sottolinearlo) il servizio, ahimè, non si discosta molto da quello che forniva la Latina Ambiente: gran parte dei mezzi sono quelli vecchi della Latina Ambiente (pure pagati €800mila da tutti noi!) con l’integrazione di altri presi in locazione; la forza lavoro è quella della Latina Ambiente.
E allora, mi chiedo, la convenienza dov’è? Dov’è il vantaggio per la collettività?
La relazione di Lucarelli garantiva quello che attualmente non è, e oggi il nuovo direttore generale ing. Ascoli, ritiene si arriverà a regime con quanto previsto dalla relazione di Lucarelli, se ci va bene, nel 2021.
L’Assessore Lessio e il capogruppo Bellini sostengono che, la certezza di dirigere noi e controllare noi l’azienda sia prioritario, come se il “noi” desse la garanzia della qualità del servizio. E si accontentano di dire che oggi è meglio di ieri.
Ma non è questo che valuterà il Consiglio di Stato.
Il PD ha sempre avuto una posizione diversa: in primis viene la comunità cui va destinato il servizio, servizio che deve essere efficiente (città pulita) e sostenibile (subito alte percentuali di differenziata) da subito.
Andava espletata la gara ed assegnato subito il servizio alla società che risultava la migliore: controlli rigorosi e nel frattempo ci si preparava per costituire eventualmente un’Azienda Speciale senza fretta e fatta per bene, se questo avrebbe garantito una gestione vantaggiosa: avremmo di fatto risparmiato ben 150mila di consulenze, €47mila di relazione ex art.34, avremmo beneficiato da subito di un servizio efficiente e l’Amministrazione Coletta avrebbe potuto concentrarsi su teatro, scuole, palazzetto dello sport, strade e mille altre questioni che, purtroppo a causa di ABC, sono risultate secondarie…
Ma soprattutto avrebbe potuto da subito dare risposte e conquistarsi la fiducia dei cittadini. Invece, a stento oggi ha la fiducia dei suoi.
Un’operazione azzardata, che è costata tempo, popolarità, consenso, focus…
Ed ora tutto dipende dal Consiglio di Stato: si andrà avanti con le difficoltà che Ascoli ci ha illustrato, o si dovrà fare marcia indietro e completare la gara del commissario? E sarebbe un bel casino.
Peccato: Coletta ha avuto una grande chance ma ha seguito consigli sbagliati.
Quando ponevo il serio problema dell’inesperienza politica brandita come una virtù in quanto sintomo di onestà, ricordo gli attacchi degli esponenti civici nei social: i futuri esponenti della politica locale e nazionale affermavano che quello non era il problema perché avrebbero imparato presto e fatto piazza pulita di tutto ciò che non era bene comune.
Dopo quasi tre anni in loco e quasi un anno a livello nazionale le pagine del libro LBC appaiono sbiadite, piene di cancellature e correzioni; il M5S si dimostra debolissimo e perde consenso di fronte al leone della politica con cui si è alleato.
Se l’onestà ha prodotto tutto questo, presta il fianco a chi afferma “meglio quelli di prima: rubavano ma le cose le facevano!”
Questo, non possiamo accettarlo.
Quello che aveva di buono la vecchia politica era l’alto senso delle istituzioni: non si poteva aspirare di candidarsi a consigliere comunale se non si era fatto un percorso interno al partito che prevedeva percorsi di formazione, esercizio della rappresentanza, partecipazione alle scelte di indirizzo che venivano poi trasferite dagli eletti nel campo degli organismi istituzionali. Insomma, non solo bisognava sapere cosa si andava a fare ma si era portatori di una cultura politica.
Oggi, i continui riferimenti a dati e numeri nei discorsi dei nuovi politici rivelano una mancanza di visione complessiva, priva di una progettazione a lungo termine, priva di una cognizione solida di cosa serve fare oggi per poter realizzare un progetto domani. I dati tecnici sono un paravento dietro al quale si nasconde l’ignoranza chiatta e miope: se i dati fossero gli unici elementi per scegliere, allora ci affideremmo direttamente ai tecnici come è stato per il governo Monti.
La sola onestà non basta a fare politica, anzi, rischia di aprire le porte alla disonestà.
Proprio perché non si posseggono gli strumenti della politica, il politico onesto ma ignorante diventa lo strumento del disonesto, dell’affarista, del mafioso.
Nelle pieghe dell’ignoranza, nel vuoto della memoria storica dei fatti amministrativi, nella debolezza di visione generale si nasconde il rischio di diventare disonesti… “a propria insaputa”.